Si parte, anche quest'anno. Cominciano in questi giorni i tornei di conference, preludio alla tradizionale big dance marzolina, evento centrale di ogni anno cestistico. Ai nastri di partenza, al solito, oltre trecento college divisi in 32 conference si contenderanno il titolo della Division I, la "porta del cielo" che mena i migliori ai dorati approdi della pallacanestro professionistica, sia essa NBA o altro. Già, perché la peculiarità del college basket americano, fucina di talenti inesauribile, è quella di NON essere sport professionistico.
Vediamo, per quanto successo finora, di capirci qualcosa, in questo intricato mondo.
Vediamo, per quanto successo finora, di capirci qualcosa, in questo intricato mondo.
I superfavoriti: North Carolina Tar Heels
Hanno perso la prima contro Boston College, decisamente a sorpresa, ma restano i veri favoriti di questa stagione: Tyler Hansbrough è stato il giocatore dell'anno appena trascorso secondo un po' tutti, interrompendo la striscia di quattro Blue Devils negli ultimi nove anni ad aggiudicarsi questa riconoscenza, e già per questo a Chapel Hill è in odore di monumento (per la cronaca, il conto dei "Naismith player of the year" attualmente è 7-3 per Duke). Il loro status di superfavoriti però non deriva solo dall'avere Hansbrough, che peraltro in stagione sta viaggiando a 23 punti e 7 rimbalzi di media, ma anche dall'avere un contorno decisamente all'altezza. Ty Lawson e Wayne Ellington erano già buoni lo scorso anno, e quest'anno stanno facendo anche meglio. In doppia cifra ci vanno in sei, e per l'NCAA questo è tanta roba, fidatevi. Lo scorso anno si fermarono contro Kansas, poi campione. Quest'anno resta da capire chi potrebbe fare lo stesso.
The rising star: Pittsburgh Panthers
Una premessa è d'obbligo. Vada come vada, la stagione di Pittsburgh è già adesso da considerarsi un successo. Ci sono infatti voluti 60 anni per arrivare al numero uno del ranking collegiale, peraltro giocando in quella che è unanimemente riconosciuta come la conference più "tosta" della NCAA, la Big East, che con ogni probabilità anche quest'anno manderà sette-otto squadre alla March Madness. La rinascita dell'ateneo, iniziata da Ben "Four-land" Howland, attualmente impegnato a riportare il titolo nelle terre dell'orsetto (UCLA), in queste sei stagioni sotto coach Dixon, ha raggiunto livelli tali da considerare Pitt una delle "potenze" della Big East, con buona pace di Georgetown, Syracuse, Connecticut, St. John's e compagnia cantante. Se il prestigio di un ateneo si misura nel numero di stelle NBA che da questo provengono, ecco, diciamo che ancora siamo un po' indietro. Ma chissà che Sam Young o DeJuan Blair non riescano a colmare anche questa lacuna. Magari dopo essersi tolti qualche soddisfazione al college.
I rivali per antonomasia: Duke Blue Devils
Non ce ne vogliano le altre: questi qua hanno un punto in più perché hanno i migliori tifosi dell'NCAA, i Cameron Crazies. Inoltre, hanno Coach K, al secolo Mike Krzyzewski, che peraltro sarebbe quello che alle olimpiadi di Pechino ha guidato la truppa che ha rimesso l'oro al collo dei giocatori a stelle e strisce. Non ha neanche dovuto metterci troppo del suo, ma questa è un'altra storia. Fatto sta che Duke va sempre presa in considerazione nel lotto delle favorite, tanto più se la favorita indiscussa è UNC, anche perché Durham e Chapel Hill non è che siano così distanti, e storicamente da qua sono passati in parecchini che poi hanno fatto bene anche al piano di sopra. Rotazione infinita o quasi (in nove giocano almeno 13 minuti a partita), la stella è Kyle Singler, che guida la squadra in punti (16.5), rimbalzi (7.8), assist (3.7) e recuperi (2.2). Preoccupante è magari l'involuzione di Greg Paulus, guardia protagonista negli ultimi due anni e con cifre in caduta libera in questo anno da senior. Obbligatorio tenerli d'occhio.
I campioni in carica: Kansas Jayhawks
Lo ammettiamo: siamo sempre affascinati dalle squadre che riescono a fare Back-to-back in NCAA, perché oggettivamente sono quelle che dimostrano di avere quel qualcosa in più rispetto alle altre. Chi ci è riuscito finora ha un posto prenotato nella storia di questo sport, come i Florida Gators di Billy Donovan di cui abbiamo parlato tempo fa. Ma quando due giocatori ti vanno via al primo round del draft 2008 (Brandon Rush e Darrell Arthur) e altri due se ne vanno al secondo (l'MVP delle Final Four Mario Chalmers e Darnell Jackson), diventa difficile anche solo pensare di ripetersi. Quest'anno infatti sono 10-3 al momento in cui scriviamo, con Cole Aldrich e Sherron Collins a guidare la truppa, ovvero due che l'anno scorso c'erano ma non facevano le onde. Difficile, anzi facciamo impossibile pronosticare loro un lungo viaggio nel tabellone NCAA. Non scontato neanche l'approdo, anche se ad oggi occuperebbero un ipotetico trentasettesimo posto nei ranking NCAA.
Gli "scuornati": Memphis Tigers
Se l'anno scorso la truppa di Calipari avesse vinto la finale contro Kansas, buttata via in modo quasi indegno, avrebbe stabilito il record di vittorie in una stagione NCAA, oltre a portare a casa il primo titolo nella storia dell'ateneo. Così non è stato, e le ripercussioni, psicologiche e non, si dovrebbero vedere nel corso di questa stagione. Derrick Rose se n'è andato con la prima chiamata assoluta del draft, seguito da Joey Dorsey e Chris Douglas-Roberts, entrambi chiamati al secondo giro, per motivi che non sono del tutto scollegati da quella finale persa. Anche loro, ad oggi, sono 10-3 come Kansas, quindi per il record di vittorie facciamo che se ne riparla più avanti che per quest'anno oramai siamo andati. Facciamo che anche per il titolo NCAA se ne riparla in altro momento, anche se qui l'accesso al tabellone non dovrebbe essere impresa proibitiva, visto anche che Robert Dozier e Shawn Taggart sono entrambi in crescita e il freshman Tyreke (ma chi glieli dà 'sti nomi?) Evans è un giocatore buono, anzi buonissimo, già oggi.
I sempre presenti: UCLA Bruins
Ben Howland ci proverà anche quest'anno, questo è ovvio. La decima posizione nel ranking, peraltro, invita ad un cauto ottimismo. Anche la profondità di rotazione (in dieci sono in doppia cifra alla voce "minuti giocati", scusate del poco) è un fattore, anche se magari la qualità è un pochino scesa, essendosene andati Westbrook, Kevin Love e Mbah-a-Moute, tutti ovviamente in NBA. Restano Darren Collison, Josh Shipp e un manipolo di freshmen dai nomi impronunciabili, ad alimentare le speranze dei tifosi del Pauley Pavillion. Impossibile escludere la quarta partecipazione consecutiva alle Final Four perché "Four-land" è uno che insegna a difendere forte, e di conseguenza, essendo un po' meno attesi quest'anno, altrettanto impossibile escludere che i Bruins, sulla scia di quanto fatto dai Celtics, si riportino il titolo a casa. Ma saremmo nel novero delle Grandi Imprese dello Sport, senza dubbio.
Quelle che seguiamo con attenzione: Syracuse Orange e USC Trojans
I Syracuse Orange sono da ormai più di dieci anni la "squadra del cuore" di chi scrive, che ancora ricorda a memoria il quintetto che coach Boeheim portò a un passo dall'impresa nelle final four 1996. Per la cronaca, era Lazarus Sims, Jason Cipolla, Todd Burgan, John Wallace, Otis Hill. Oggi gli Orange di Jim Boeheim, che siede sul pino di Syracuse dal 1969 e fa parte della Basketball Hall of Fame dal 2005, sono una squadra che si basa principalmente sull'estro di Johnny Flynn e di "the guy from Oak Hill Academy", al secolo Eric Devendorf, che però è reduce da un grave infortunio che gli farà ripetere la stagione da Junior. La rotazione è essenzialmente di nove giocatori, di cui cinque in doppia cifra per punti e due sopra i 7.5 rimbalzi a partita. Materiale ce ne sarebbe, resta da vedere quanto questi qua credano nei propri mezzi.
Seguire i Trojans di USC, invece, alma mater di un certo O.J. Mayo, che in NBA sta dicendo la sua senza troppi timori reverenziali, per chi scrive è obbligatorio per almeno due motivi. Il primo, ovviamente, è Daniel Hackett da Pesaro, che quest'anno sta crescendo in punti (10.9), rimbalzi (4.3), assist (6.0), percentuale dal campo (45.2%), da tre (40 %), dalla lunetta (84.1%), recuperi (2.1), ma purtroppo anche nelle palle perse (4.1, ahinoi un po' troppe). Presto dovrebbe avere anche le chiavi della Nazionale Azzurra, e noi siamo qui a sperare che Danielino metta in mostra tutta la maturità che sta facendo vedere in NCAA. Il secondo motivo è l'atleta brutale che si è iscritto quest'anno a USC, DeMar DeRozan, uno che ha i mezzi fisici per fare i propri comodi più o meno contro chiunque su questa terra, fatta eccezione forse per LeBron James, ma che non ha ancora finito di imparare a giocare. Se lo fa entro l'anno, sono cavoli amari per tutti.
Buttiamo un occhio anche su:
Wake Forest, che ne ha quattro in squadra che sanno fare tutto, e al momento sono 13-0 e numero 4 del ranking. Chiedere a Indiana che è tornata con un -25 a casa qualche giorno fa per sapere se questi sono forti o se di bufala trattasi. Louisville, perché c'è Rick Pitino e quindi non si scherza, ma anche perché ce ne sono tre che sanno il fatto loro. Non sono partiti benissimo, ma il coach e il gioco espresso gli garantiscono anche adesso un posto nel ranking. Oklahoma, perché Blake Griffin è forte come pochi altri in NCAA (vi bastano 22 punti, 14 rimbalzi e il 66% dal campo?). Peraltro, il tipo, qui, non è proprio solo soletto, e non dev'essere del tutto un caso se i Sooners sono al sesto posto del ranking mentre scriviamo. Connecticut, perché se la Big East ha nove squadre nelle prime venticinque d'America non può essere un caso, e dietro Pittsburgh vengono questi qua, attualmente al numero 5, con un centro (Hasheem Thabeet) che fa paura anche ai parenti stretti: sette piedi e tre (o due metri e venti abbondanti, se preferite), 14 punti, 10.7 rimbalzi e 3.7 stoppate in 30 minuti scarsi sul parquet. Fate voi. Per ora a battere questi sono riusciti solo quelli di Georgetown, che giocano in dieci e storicamente coi pivot sanno come fare. Ne hanno perse due di fila contro Pittsburgh e Notre Dame e probabilmente scenderanno di qualche posizione rispetto alla numero 9 che occupano ad oggi, ma restano tipi da prendere con le molle, anche se Jessie Sapp non ha fatto per ora il salto di qualità che ci si attendeva da lui.
2 commenti:
Per me vince North Carolina...anzi come diceva lo speaker dei Bulls quando presentava Jordan "Norrrrrrth Carrrrrolina".....speriamo che i thunder si prendano l'immancabile pacco che ogni anno viene fuori dalla NCAA....ciao Rob.
Attenzione alla squadra della mia università: MARQUETTE se imbrocca le giornate giuste son cazzi amari per tutti!
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