Si può essere detrattori del basket americano, dove tutto è attacco, fisicità e spettacolo e dove le all star possono fare anche 5 passi se poi finiscono con una schiacciata: "l'attacco vende i biglietti..."
A fine aprile però le cose cambiano. Con i playoff inizia un'altra stagione, in cui le difese iniziano a entrare in azione e in generale le squadre NBA smettono di comportarsi come quel gigantesco circo ambulante che per 6 mesi ha intrattenuto assieme agli hot-dog e ai litri di coca cola migliaia di americani. Sono i playoffs, si gioca per vincere e, completando il famoso aforisma di coach Lombardi "...le difese vincono le partite".
Primo turno - Eastern Conference
Cleveland - Chicago: 4-1
I Cavs di sua maestà James hanno dominato la stagione come probabilmente nessun'altra squadra ha fatto. La società, in previsione anche della scadenza del contratto del Re ha fatto di tutto per agevolare il compito dei Cavs e regalare al loro uomo simbolo quel titolo che potrebbe cambiare non solo la storia della franchigia, ma quella dell'intera lega per i prossimi anni. Antawn Jamison è arrivato per completare il già incredibile roster a disposizione di Brown, aggiungendo quel lungo perimetrale che era l'unico "punto debole" di una squadra che può alternare gente come Shaq, Varejao, Hickson, Ilgauskas e Leon Powe come lunghi. E senza dimenticare che dietro agli esterni Mo Williams e Anthony Parker ci sono giocatori come Delonte West, Gibson e Jamario Moon.
Dall'altra parte i Bulls che sono riusciti ad acciuffare i playoffs all'ultimo momento ai danni dei derelitti Raptors del Mago. Squadra giovane, di talento, ma dal rendimento troppo altalenante, con una stella ancora in rampa di lancio come Derrick Rose, già ora forse il miglior penetratore nel suo ruolo, uno che nei prossimi anni potrebbe ridefinire il concetto di playmaker. Nonostante l'ottimo finale di stagione però le speranze di avere una serie erano decisamente scarse. Troppa differenza di tonnellaggio tra le due formazioni, di profondità del roster e di talento, con l'aggiunta della ballerina gestione di Dal Negro, finora meglio in campo che in panchina.
Prime due vittorie piuttosto agevoli per Cleveland, anche se il Re ha dovuto in più di un'occasione dare fondo a tutto il suo talento per ovviare alla non sempre eccellente prova del supporting cast. In gara 3 i Bulls hanno messo in campo tutto il loro orgoglio e grazie a un quarto periodo mostruoso di Rose e Deng sono riusciti a portare a casa la vittoria. In gara 4 però Cleveland ha deciso di fare la voce grossa e grazie soprattutto alla buona prova al tiro di Jamison i Cavs hanno spaccato la gara tra secondo e terzo quarto. En passant, James ha messo un paio di tiri da centrocampo contestati che avrebbero messo ko anche un toro. Tutto finito? Macché! Gara 5 è stata forse la gara più interessante della serie, con i Bulls che sono riusciti a a tenere il Re lontano da canestro, costringendolo a tiri a bassa percentuale. West e Jamison e gli altri esterni sono risultati decisivi con le loro conclusioni da tre punti. Enciclopedica la prova di Deng, difensivamente e offensivamente, così come il solito Rose. Troppo scarso l'apporto della panchina però, ed è stata proprio questa la chiave della gara. Brividi nel finale con James impreciso alla lunetta, ma la serie la porta a casa Cleveland.
Orlando-Charlotte: 4-0
Poco da dire su questa serie. I Bobcats hanno già centrato il loro obiettivo stagionale raggiungendo i playoffs. Con gli uomini a disposizione coach Brown ha fatto un mezzo miracolo, considerando che quando si hanno giocatori come Stephen Jackson e Gerald Wallace come stelle, non è facile tenere il timone del gruppo. Il tema della serie era questo: riuscirà la difesa di coach Brown a limitare l'attacco dei Magic, il migliore della lega quando tutto gira al meglio? Beh, la risposta è no. Troppo più forti questi Magic, troppo più decisi e leggeri, con un Jameer Nelson che sembra tornato quello di prima dell'infortunio e il con il resto della squadra quasi impeccabile da dietro l'arco e in transizione. Niente da fare: se i Magic corrono e tirano così, Van Gundy può dormire sonni tranquilli, anche se le occhiaie non lo abbandonano mai. Consigli per MJ, da poco proprietario dei Bobcats: regalare a Brown un playmaker e almeno un lungo di peso.
Boston-Miami: 4-1
Quando si ha Dwyane Wade in squadra ai playoff si può star certi che almeno un paio di gare il fenomenale numero 3 di Miami le può vincere quasi da solo. In effetti gara 3 e gara 4 di Wade sono due delle prestazioni individuali più incredibili di questi playoffs. In gara 3 solo i crampi hanno fermato il campione degli Heat, mentre in gara 4 nessuno ci è riuscito. Chi lo conosce ricorderà che al tempo del titolo l'unico aspetto del gioco di Flash che poteva essere migliorato era la conclusione dalla distanza: beh, ora c'è anche quella. Per vincere una serie però bisogna avere una squadra alle proprie spalle e gli Heat sono parsi decisamente inadeguati in questo: Jermaine O'Neal non è nemmeno il cugino di quello dei Pacers, Beasley pare una tigre di carta, giocatore dal talento enorme, ma troppo spesso un oggetto misterioso in campo, con lacune tattiche e mentali incomprensibili. Gli altri? Si salva solo Haslem. Gli Heat avranno tanti soldi da spendere in estate, ma non siamo sicuri che basteranno per convincere Wade a restare. Difficile che gli Heat diventino una squadra da titolo a meno di magie estive.
E i Celtics? Vecchi, disattenti in difesa, troppo nervosi vicino a canestro e troppo Rondo-Pierce dipendenti. Questo si diceva al termine della stagione regolare. I campioni però si vedono nei momenti decisivi. Garnett, nonostante il ginocchio ballerino non fa mai mancare i suoi 18 punti e 8 rimbalzi a partita e la sua leadership difensiva. Perkins resta una quercia californiana in difesa e nel bloccare in attacco, dove Ray Allen sembra avere ritrovato il feeling con il canestro. Rajon Rondo... è unico. Non ha un tiro sempre affidabile dalla distanza, ma quando conta una tripla la infila sempre. Non ha i kg per buttarsi dentro contro gente di 2.10 ma lo fa sempre con successo. E' alto poco meno di 1.90 m ma è capace di andare in doppia cifra con i rimbalzi e dalle sue mani possono uscire assist clamorosi o palle perse banali. Quel che è certo però è che il suo apporto a questa squadra è a dir poco fondamentale e che questo piccoletto è uno dei primi 5 playmaker della lega. Paul Pierce resta il giocatore fondamentale dei Celtics. Sempre in controllo, sempre tranquillo, è suo il tiro alla sirena che decide gara 3. Un capitolo a parte meritano 'Sheed e Glen Davis. Il primo ormai non guarda mai il ferro se non obbligato, ma dispone forse del miglior fade-away dal lato di tutta l'NBA ed è il classico giocatore che non vorresti fare arrabbiare o a cui lasciare il tiro decisivo. Davis è piccolo, non particolarmente veloce, ma con le sue conclusioni dai 4-5 metri è in grado di mettere a segno canestri importantissimi per i suoi.
Atlanta-Milwaukee: 4-3
La serie più sorpendente di questo primo turno. Atlanta non ha convinto negli ultimi due mesi, e nonostante una squadra ormai ben collaudata, a cui è stato aggiunto il sesto uomo dell'anno, Jamal Crawford, sembrava improbabile ripercorressero i fasti della passata stagione. In ogni caso i Bucks, senza Bogut e Redd parevano un avversario assolutamente abbordabile. Due signori, che agli appassionati italiani dovrebbero ricordare qualcosa, a nome Carlos Delfino e Brandon Jennings, sul 2-1 Atlanta hanno però deciso che gli Hawks non avrebbero vinto questa serie. Due gare straordinarie per i due esterni, con Delfino decisivo con le sue conclusioni dall'angolo, mentre Jennings è parso per larghi tratti semplicemente immarcabile. A Roma e non solo, le perplessità restano, ma chiunque fosse il giocatore che indossava la sua maglia alla Lottomatica, con questo ha davvero poco a che fare. La fiducia e la regola dei 3 secondi difensivi possono cambiare molto in questo giochino. Grande serie anche per Ilyasova: l'ex Barça ha costretto Smith ad uscire dall'area e a prestare tutta l'attenzione possibile a questo turco che non attacca mai il canestro. Infine il redivivo Jerry Stackhouse ha fatto vedere a tutti che non è ancora tempo di pensione. Con le spalle al muro però Atlanta ha ritrovato una delle sue armi migliori, cioè la difesa. Il talento di Joe Johnson, Crawford e Smith ha fatto il resto, anche se dispiace vedere Millwaukee sfiorare l'impresa senza le sue due all-star. Coach Skiles però può sorridere: con questa squadra il futuro dei Bucks appare decisamente roseo.
A fine aprile però le cose cambiano. Con i playoff inizia un'altra stagione, in cui le difese iniziano a entrare in azione e in generale le squadre NBA smettono di comportarsi come quel gigantesco circo ambulante che per 6 mesi ha intrattenuto assieme agli hot-dog e ai litri di coca cola migliaia di americani. Sono i playoffs, si gioca per vincere e, completando il famoso aforisma di coach Lombardi "...le difese vincono le partite".
Primo turno - Eastern Conference
Cleveland - Chicago: 4-1
I Cavs di sua maestà James hanno dominato la stagione come probabilmente nessun'altra squadra ha fatto. La società, in previsione anche della scadenza del contratto del Re ha fatto di tutto per agevolare il compito dei Cavs e regalare al loro uomo simbolo quel titolo che potrebbe cambiare non solo la storia della franchigia, ma quella dell'intera lega per i prossimi anni. Antawn Jamison è arrivato per completare il già incredibile roster a disposizione di Brown, aggiungendo quel lungo perimetrale che era l'unico "punto debole" di una squadra che può alternare gente come Shaq, Varejao, Hickson, Ilgauskas e Leon Powe come lunghi. E senza dimenticare che dietro agli esterni Mo Williams e Anthony Parker ci sono giocatori come Delonte West, Gibson e Jamario Moon.
Dall'altra parte i Bulls che sono riusciti ad acciuffare i playoffs all'ultimo momento ai danni dei derelitti Raptors del Mago. Squadra giovane, di talento, ma dal rendimento troppo altalenante, con una stella ancora in rampa di lancio come Derrick Rose, già ora forse il miglior penetratore nel suo ruolo, uno che nei prossimi anni potrebbe ridefinire il concetto di playmaker. Nonostante l'ottimo finale di stagione però le speranze di avere una serie erano decisamente scarse. Troppa differenza di tonnellaggio tra le due formazioni, di profondità del roster e di talento, con l'aggiunta della ballerina gestione di Dal Negro, finora meglio in campo che in panchina.
Prime due vittorie piuttosto agevoli per Cleveland, anche se il Re ha dovuto in più di un'occasione dare fondo a tutto il suo talento per ovviare alla non sempre eccellente prova del supporting cast. In gara 3 i Bulls hanno messo in campo tutto il loro orgoglio e grazie a un quarto periodo mostruoso di Rose e Deng sono riusciti a portare a casa la vittoria. In gara 4 però Cleveland ha deciso di fare la voce grossa e grazie soprattutto alla buona prova al tiro di Jamison i Cavs hanno spaccato la gara tra secondo e terzo quarto. En passant, James ha messo un paio di tiri da centrocampo contestati che avrebbero messo ko anche un toro. Tutto finito? Macché! Gara 5 è stata forse la gara più interessante della serie, con i Bulls che sono riusciti a a tenere il Re lontano da canestro, costringendolo a tiri a bassa percentuale. West e Jamison e gli altri esterni sono risultati decisivi con le loro conclusioni da tre punti. Enciclopedica la prova di Deng, difensivamente e offensivamente, così come il solito Rose. Troppo scarso l'apporto della panchina però, ed è stata proprio questa la chiave della gara. Brividi nel finale con James impreciso alla lunetta, ma la serie la porta a casa Cleveland.
Orlando-Charlotte: 4-0
Poco da dire su questa serie. I Bobcats hanno già centrato il loro obiettivo stagionale raggiungendo i playoffs. Con gli uomini a disposizione coach Brown ha fatto un mezzo miracolo, considerando che quando si hanno giocatori come Stephen Jackson e Gerald Wallace come stelle, non è facile tenere il timone del gruppo. Il tema della serie era questo: riuscirà la difesa di coach Brown a limitare l'attacco dei Magic, il migliore della lega quando tutto gira al meglio? Beh, la risposta è no. Troppo più forti questi Magic, troppo più decisi e leggeri, con un Jameer Nelson che sembra tornato quello di prima dell'infortunio e il con il resto della squadra quasi impeccabile da dietro l'arco e in transizione. Niente da fare: se i Magic corrono e tirano così, Van Gundy può dormire sonni tranquilli, anche se le occhiaie non lo abbandonano mai. Consigli per MJ, da poco proprietario dei Bobcats: regalare a Brown un playmaker e almeno un lungo di peso.
Boston-Miami: 4-1
Quando si ha Dwyane Wade in squadra ai playoff si può star certi che almeno un paio di gare il fenomenale numero 3 di Miami le può vincere quasi da solo. In effetti gara 3 e gara 4 di Wade sono due delle prestazioni individuali più incredibili di questi playoffs. In gara 3 solo i crampi hanno fermato il campione degli Heat, mentre in gara 4 nessuno ci è riuscito. Chi lo conosce ricorderà che al tempo del titolo l'unico aspetto del gioco di Flash che poteva essere migliorato era la conclusione dalla distanza: beh, ora c'è anche quella. Per vincere una serie però bisogna avere una squadra alle proprie spalle e gli Heat sono parsi decisamente inadeguati in questo: Jermaine O'Neal non è nemmeno il cugino di quello dei Pacers, Beasley pare una tigre di carta, giocatore dal talento enorme, ma troppo spesso un oggetto misterioso in campo, con lacune tattiche e mentali incomprensibili. Gli altri? Si salva solo Haslem. Gli Heat avranno tanti soldi da spendere in estate, ma non siamo sicuri che basteranno per convincere Wade a restare. Difficile che gli Heat diventino una squadra da titolo a meno di magie estive.
E i Celtics? Vecchi, disattenti in difesa, troppo nervosi vicino a canestro e troppo Rondo-Pierce dipendenti. Questo si diceva al termine della stagione regolare. I campioni però si vedono nei momenti decisivi. Garnett, nonostante il ginocchio ballerino non fa mai mancare i suoi 18 punti e 8 rimbalzi a partita e la sua leadership difensiva. Perkins resta una quercia californiana in difesa e nel bloccare in attacco, dove Ray Allen sembra avere ritrovato il feeling con il canestro. Rajon Rondo... è unico. Non ha un tiro sempre affidabile dalla distanza, ma quando conta una tripla la infila sempre. Non ha i kg per buttarsi dentro contro gente di 2.10 ma lo fa sempre con successo. E' alto poco meno di 1.90 m ma è capace di andare in doppia cifra con i rimbalzi e dalle sue mani possono uscire assist clamorosi o palle perse banali. Quel che è certo però è che il suo apporto a questa squadra è a dir poco fondamentale e che questo piccoletto è uno dei primi 5 playmaker della lega. Paul Pierce resta il giocatore fondamentale dei Celtics. Sempre in controllo, sempre tranquillo, è suo il tiro alla sirena che decide gara 3. Un capitolo a parte meritano 'Sheed e Glen Davis. Il primo ormai non guarda mai il ferro se non obbligato, ma dispone forse del miglior fade-away dal lato di tutta l'NBA ed è il classico giocatore che non vorresti fare arrabbiare o a cui lasciare il tiro decisivo. Davis è piccolo, non particolarmente veloce, ma con le sue conclusioni dai 4-5 metri è in grado di mettere a segno canestri importantissimi per i suoi.
Atlanta-Milwaukee: 4-3
La serie più sorpendente di questo primo turno. Atlanta non ha convinto negli ultimi due mesi, e nonostante una squadra ormai ben collaudata, a cui è stato aggiunto il sesto uomo dell'anno, Jamal Crawford, sembrava improbabile ripercorressero i fasti della passata stagione. In ogni caso i Bucks, senza Bogut e Redd parevano un avversario assolutamente abbordabile. Due signori, che agli appassionati italiani dovrebbero ricordare qualcosa, a nome Carlos Delfino e Brandon Jennings, sul 2-1 Atlanta hanno però deciso che gli Hawks non avrebbero vinto questa serie. Due gare straordinarie per i due esterni, con Delfino decisivo con le sue conclusioni dall'angolo, mentre Jennings è parso per larghi tratti semplicemente immarcabile. A Roma e non solo, le perplessità restano, ma chiunque fosse il giocatore che indossava la sua maglia alla Lottomatica, con questo ha davvero poco a che fare. La fiducia e la regola dei 3 secondi difensivi possono cambiare molto in questo giochino. Grande serie anche per Ilyasova: l'ex Barça ha costretto Smith ad uscire dall'area e a prestare tutta l'attenzione possibile a questo turco che non attacca mai il canestro. Infine il redivivo Jerry Stackhouse ha fatto vedere a tutti che non è ancora tempo di pensione. Con le spalle al muro però Atlanta ha ritrovato una delle sue armi migliori, cioè la difesa. Il talento di Joe Johnson, Crawford e Smith ha fatto il resto, anche se dispiace vedere Millwaukee sfiorare l'impresa senza le sue due all-star. Coach Skiles però può sorridere: con questa squadra il futuro dei Bucks appare decisamente roseo.
2 commenti:
Miami deve puntare molto, anzi quasi tutto sulla crescita di Beasley e Chalmers. In questo senso, prendere Arroyo non mi è parsa questa gran mossa. In alternativa, urge un centro con punti e rimbalzi nelle mani, quello che era O'Neal ad Indiana e che gli Heat speravano di ritrovare. Ovviamente dando per scontato di trattenere Wade... :)
Chalmers a me non spiaceva fino a qualche mese fa, poi è sparito dalle rotazioni...Beasley lo definirei così: il giocatore di maggior talento che vorrei sempre vedere...nella mia squadra avversaria!
Dwyane...beh, vediamo se Pat Riley ha ancora voglia di sporcarsi le maniche degli abiti Armani per far un lavoraggio questa estate. Non la vedo benissimo però per i tifosi degli Heat...
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