Due o tre cose (vabbè facciamo quattro) sull’estate losangelina…
1) Sono tifoso dei Lakers. Da sempre. Da quando a metà degli anni Ottanta mi feci comprare una canotta giallo-viola che avevo visto in vetrina in uno di quei negozi del lungo mare di Rimini, uno di quelli cui passi di fronte per andare in spiaggia. Ero piccolo (tipo 7-8 anni), non avevo la minima idea di cosa rappresentasse quella maglia, ma mi piaceva ed i miei me la comprarono. C’era sù un numero. Il 32.
Capirete quindi che il giungo del 2009 avrebbe dovuto rappresentare una goduria non indifferente per il sottoscritto: un titolo vinto dopo un periodo di magra, con una squadra rinnovata e abbastanza giovane, il primo dell’era Bryant “gone solo”...insomma roba grossa.
Vi è mai capitato di assaporare la sensazione – piuttosto amarognola – di non riuscire a godervi una cosa fino in fondo, perchè sembra sempre esserci qualcos’altro che ve la rovina? Ecco, a me è successo guardando la parata celebrativa dei Lakers, lo scorso giugno.
Dopo tutte le discussioni sul fare o meno la parata stessa (il “Governator”- come ha recentemente mostrato in un video su Twitter, dove con un coltello di 30 cm. “illustra” i tagli della sua amministrazione ai californiani - non aveva i fondi, il Comune di LA anche meno e la parata costa un milione di usd tondi-tondi), quando finalmente si riesce ad organizzare qualcosa arriva il patatràc...almeno per me.
Va bene che Howard è il centro più forte (anche perchè è l’unico rimasto, insieme al cinese) della Lega, va bene Hedo il turco e Lewis...ma non c’era Garnett...ecco il problema: questo titolo per me è un “titolino”, uno di quelli che tutti ricorderanno come “sì avete vinto, ma se arrivava in finale Boston...”. Ed è la verità, con KG Boston sarebbe tornata – verosimilmente – in finale e sarebbe stato un altro discorso. In caso di vittoria sarebbe stato un Titolo e non un titolino.
2) Bryant è sempre Bryant: Dando un’occhiata alle immagini della parata stessa noto subito che c’è un’altra cosa che non va: una maglietta, quella di Bryant per essere precisi.
Non c’è niente da fare, ci sono persone che non riescono a smentirsi mai...”sei così stupido da non accorgerti nemmeno che hai vinto!” dice Harvey Keitel a George Clooney in “Dal Tramonto all’Alba”...un concetto che sembra andare a genio per il Mamba...non che lo ritenga uno stupido, ma una persona che non riesce a godersi quello che ottiene perchè costantemente tormentato da manie persecutorie quello sì.
La maglia in questione aveva due difetti, che poi sono sostanzialmente uno, lo stesso: il sentirsi diverso, fuori dal gruppo. La stampa sul petto del 24 era un disegno di una mano – quella di Bryant – in graffiti style con 4 anelli di campione NBA alle dita, da questo due considerazioni: 1) Nessun altro (tranne Fisher) ha partecipato alle quattro cavalcate vincenti dei gialloviola dal 2000 a qua; 2) Tutti gli altri (Da Fish compreso) avevano la maglia celebrativa della squadra, la squadra appunto, un concetto che a Kobe rimane proprio indigesto.
Ora...io capisco che Bryant si sia tolto una scimmia enorme dalla spalla vincendo questo titolo, ma non mi sembra questo il modo adatto a celebrare, in fondo quando giocava senza Gasol e Odom (o senza Ariza) non è poi che avesse tanto da festeggiare...
Se passi gli ultimi tre-quattro anni a dichiarare ai quattro venti di essere un giocatore cambiato, un uomo squadra, non più un solista, che dopo quello che è successo in un hotel di Eagle in Colorado tutto sarà diverso ed alla prima occasione ti metti una maglia che dice “bravi tutti ma io un pò di più” poi le critiche te le cerchi.
3) La Nike ha perso il senso della misura: Probabilmente la colpa è anche – almeno in parte – della Nike che quest’estate non ne ha indovinata una: prima la maglia celebrativa del titolo di MVP della regular season per James (fatta uscire all’indomani della sortita di quest’ultimo dai playoff con tanto di figura da bamboccio che se ne va senza salutare “perchè il pallone è mio e si gioca come dico io!”), poi la storia del video sequestrato ai giornalisti in una palestra dell’Ohio (sì, quello del tipo del college che stampa la bimane su LBJ...) ed infine questa maglietta tanto di buon gusto...
4) Goodbye Trevor, Welcome Ron-Ron: A concludere l’opera è arrivato il botto di mercato – e speriamo che sia l’unico “botto” della stagione di LA – l’acquisto di Ron “cojones” Artest, praticamente come mettere Gattuso e Poulsen (o un israeliano ed un palestinese) nello stesso spogliatoio e dirgli “mi raccomando comportatevi bene, ovviamente per il bene della squadra!”...un’operazione stile “Oasis” insomma (che fanno dischi e concerti quando i Gallagher Bros. riescono a non prendersi a manate per almeno mezz’ora)...io già sento lo “swoosh” nell’aria (che non è il logo della Nike ma il rumore del destro di Artest al primo comportamento da fighetta di Bryant)...Che poi c’era davvero bisogno di questo scambio? Ron è un grandissimo difensore ed un giocatore troppo spesso sottovalutato in attacco (dove ha messo in bacheca anche cifre notevoli in carriera), ma metterlo in un ambiente come quello di Hollywood a me sembra un pò pericoloso. Tra l’altro sacrificando Ariza che è stato protagonista di una grande stagione (soprattutto in difesa) e che è anche molto più giovane (Artest è un ’79 mentre Ariza un ’85) ed in teoria più futuribile...Mah, solo a Los Angeles...
1 commento:
è ovvio, se il Black Mamba e RonRon riescono a fare un patto di non belligeranza, il mix è esplosivo. Anche perché Kobe si è liberato della scimmia del dover dimostrare qualcosa. Ma potrebbe anche NON funzionare...
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