La stagione NBA 2008-2009 è finita ieri notte. Dopo 105 partite, delle quali 81 vinte, i Los Angeles Lakers sono campioni per la quindicesima volta della loro storia (ma se proprio vogliamo essere pignoli, per la DECIMA volta da quando la franchigia si è spostata in California).
Riguardando indietro alla stagione appena trascorsa, salta agli occhi come questo titolo fosse nell'aria. Lo scorso anno, ci vollero i Boston Celtics più affamati di vittorie di sempre, per aver ragione della Banda Bryant in sei gare. In questa stagione, la loro supremazia nella Western Conference è stata, a conti fatti, nettissima (undici vittorie di vantaggio sulla seconda in Regular Season, 44-8 il record contro le squadre della Conference). Kobe Bryant, uno che ha già tre anelli alle dita, e quando ci sarà la cerimonia di premiazione di questa stagione si infilerà il quarto, ha dimostrato a tutti gli scettici che si sbagliavano nei suoi confronti. Un po' come fece Valentino Rossi quando passò alla Yamaha, per dimostrare a tutti che lui era il numero uno e non lo era perché aveva la moto migliore. Kobe inseguiva un obiettivo ben preciso dall'addio di Shaq O'Neal alla franchigia losangelina: far vedere a tutto il mondo che lui sarebbe stato in grado di brillare di luce propria, di non vivere una carriera "alla Scottie Pippen", di non essere solo e soltanto il miglior secondo violino possibile, ma di poter guidare dei Lakers costruiti attorno a lui alla vittoria. E in questi anni ci ha provato in tutti i modi. Fino a quando, con l'arrivo di Gasol, i pezzi del puzzle hanno cominciato ad andare al loro posto. Bryant è il giocatore offensivamente più completo e devastante della Lega dai tempi in cui il 23 in rossonero ha deciso di dedicarsi ad altro. Aveva solo bisogno di non avere tutta la pressione della difesa su di sé. Ed ecco arrivare un lungo in grado di portare in cascina un 20+10 quasi ogni sera (Pau Gasol). Ecco che il quintetto viene completato con un play d'esperienza (l'eterno Derek Fisher), un centro giovane e con ampi margini di miglioramento(Bynum) e un'ala in grado di portare tanta intensità sui due lati del campo (Ariza). Aggiungiamo un sesto uomo di lusso (Lamar Odom), un buon cambio per il play (Farmar), un paio di tiratori (Walton e Vujacic) e l'alchimia, se ci pensiamo un po', è perfetta. Non a caso il Mastro Alchimista è al suo decimo anello, con buona pace di Red Auerbach, da non molto tempo passato a miglior vita.
In tutto questo, gli Orlando Magic hanno potuto recitare poco più che il ruolo della comparsa. Troppo giovani, troppo inesperti, forse anche troppo contenti di essere arrivati fin lì, contro ogni pronostico, e di aver fatto meglio degli strabilianti Magic di Hardaway-Anderson-Scott-Grant-O'Neal. L'aver vinto una partita soltanto è forse un po' pochino per loro, considerando come si sono svolte le gare 2, 3 e 4. Ma non si diventa campioni NBA per caso, lo sappiamo tutti. E inoltre, a parziale discolpa dei ragazzi di Van Gundy, c'è anche il fatto di aver perso per strada Jameer Nelson, uno che era appena arrivato all'All-Star Game, smentendo sul suo conto tante persone, compreso l'estensore del presente pezzo. In gara-5, tra l'altro, si è replicato in parte il copione di gara-1: Lakers che sovrastano Orlando a rimbalzo (47-36 il conto per i gialloviola), e Orlando che perde una delle sue armi migliori per potersela giocare. Però partono benino lo stesso, i Magic, tenendo botta, andando avanti anche 19-10 con cinque minuti da giocare nel primo quarto, e 34-28 in apertura di secondo periodo. Ma Los Angeles non molla, non può mollare, e in meno di quattro minuti confeziona il sorpasso, sul 42-40 grazie alla tripla di Ariza. Il parziale che decide la stagione NBA è di 12-0 (o, se preferite, di 24-6), ed è proprio questo. I Lakers vanno in corsia di sorpasso, e senza voltarsi indietro arrivano al traguardo. Bryant ne mette 15 nel primo tempo e 15 nel secondo, conditi da 5 assist (quasi tutti nel parziale di cui sopra), 6 rimbalzi, e già che c'è anche 4 stoppate. Come non dargli il titolo di MVP delle Finals, ora che per l'ennesima volta ha relegato tutti, compagni ed avversari, al mero ruolo di comprimari?
1 commento:
Senza nulla togliere ai Lakers, che hanno dimostrato di essere una grandissima squadra, queste finali posso essere battezzate come "il suicidio dei Magic" :D
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