lunedì, dicembre 18, 2006

Jason Kidd: who's the triple-double machine?

Nell'anno di grazia 1973, the Big O, Oscar Robertson, cominciava la sua ultima stagione nella National Basketball Association: quella lunghissima stagione si sarebbe conclusa a gara 7 delle finali, dove i Boston Celtics (niente a che vedere coi Boston Celtics di oggi, sia chiaro, facciamo al massimo cugini di terzo grado) riuscirono ad aver ragione dei suoi Milwaukee Bucks. E fu così che, alla fine della stagione 1973-74, the Big O, uno che nella storia della NBA detiene il record di triple doppie realizzate, mica bruscolini, decise che era giunto il momento di appendere le scarpe al chiodo.
In quei giorni, in quel di Oakland, California, evoluivano nella pratica del cambio dei pannolini il signore e la signora Kidd, afroamericano lui e irlandese lei, nei confronti del figlioletto Jason Frederick.
Stacco nella trama.
Cinque anni dopo quella gara7, fa un ingresso neanche troppo timido in NBA un ragazzone con un sorriso che avrebbe conquistato tutti. Con la prima scelta assoluta, i Los Angeles Lakers si aggiudicano Earvin “Magic” Johnson, un ragazzone del Michigan che negli anni a venire avrebbe rappresentato qualcosa di più di un playmaker troppo cresciuto, per i tifosi dei gialloviola e non solo; e già che ci sono, a fine anno i Lacustri si portano a casa anche il titolo. Un giorno qualcuno di noi vi spiegherà perché in questa lega una delle squadre più famose ha come nome “lacustri” in una zona dove non è che i laghi sovrabbondino. Ma non oggi.
In quei giorni, Jason Frederick, il figlio dell'afro e della irish lady, imparava le lettere dell'alfabeto.
Altro stacco nella trama. Ma quanto detto finora mettetelo da parte perché dovrebbe servirci dopo.


I giudici non riuscivano proprio a decidersi, in quei giorni. Chi era il rookie dell'anno 1994? Grant Hill, di cui potete leggere le mirabolanti gesta nel post che precede questo? O piuttosto il figlio meticcio di cui sopra, cresciuto nel frattempo? Questo era il fatto, in sintesi: c'era Grant Hill, the triple double machine, che era un giocatore amato da tutti e tutte, che veniva da un'edizione di Duke che avrebbe fatto vedere i sorci verdi a diverse franchigie anche al piano di sopra. Fate conto la reincarnazione di Scottie Pippen quanto a versatilità e atletismo, solo con un po' più di talento e punti nelle mani. E c'era il ragazzone di Oakland, che aveva messo insieme anche lui qualche tripla doppia, ma che più di ogni altra cosa stava dando dignità a una squadra, i Dallas Mavericks, anche loro appena parenti di quelli di oggi, fate conto la Longobarda dell'NBA. Perché il fatto era che i Mavs, che l'anno prima avevano sfiorato il primato degli inarrivabili Sickers vincendo un minimo sindacale di 13 partite, erano passati in un solo anno a 36, e si trattava di capire un po' se fosse merito del play meticcio o di chi o cosa d'altro. Con un colpo di mano che sapeva tanto di provvedimento in puro stile biblico (si veda alla voce Salomone), si decise di non decidere e di dare il premio a tutti e due. “Che ce frega? Tanto nun è manco 'a prima volta!”, si dissero i giurati.
Di Grant Hill già sapete. Di Jason Kidd, le cose da sapere sono talmente tante che starebbero bene in un SITO a sé. Giova però ricordarne alcune. Dopo due anni e mezzo alla Longobarda dell'NBA, la dirigenza decise, chi sa perché, che bisognava rifondare la squadra. Via Kidd, ai Phoenix Suns per Sam Cassell ed altri. Nella sua prima stagione “completa” ai Suns, questi passano dalle 40 vittorie del 1997 alle 56 del 1998. Alla fine della stagione 2000-2001, si fa un bel coast-to-coast degli USA, da Phoenix ai New Jersey Nets, roba che se i Mavs di prima erano la Longobarda della NBA i Nets del 2001 erano all'incirca il Borgorosso. Approdati in NBA nel 1977, non erano mai riusciti a collezionare non dico chissà cosa, ma NEANCHE una stagione da 50 vittorie. Risultato? I Nets passano da 26 a 52 vittorie, con un utile netto alla casella delle doppie vu del 100%, roba da far impallidire Maradona a Napoli. Ma non solo. Giocano DUE finali NBA consecutive e si mettono in saccoccia quattro titoli della Atlantic in cinque anni. Posto che i Nets non si priverebbero di lui neanche in cambio di uno sventato attentato terroristico, ché tanto superato il ponte di Verrazzano le case hanno una media stimata di due o tre piani, è bene che chi legge queste righe sappia che il figlioletto che emetteva i primi vagiti nel periodo-Robertson e imparava a leggere nel periodo-Magic è piuttosto impegnato nel riscrivere il libro dei record della NBA alla voce “triple doppie”: ad oggi, mentre scriviamo, sono 81, due in più di Wilt Chamberlain, una figura talmente dominante nella storia di questo gioco che se non sapete di chi sto parlando i casi sono tre:


- siete arrivati qui cercando su Google la parola “Maradona” e cliccando su “mi sento fortunato”, ma vi è andata male.
- vedi sopra, sostituite “Maradona” con “Salomone”
- siete arrivati qui direttamente dal pianeta Lovetron. Anzi, nemmeno, perché da lì veniva anche Darryl Dawkins, ma questa è un'altra storia


Dicevamo di Jason Kidd. Davanti a lui, nella speciale classifica riservata alle triple doppie, ci sono rimasti solo quei due di cui abbiam parlato all'inizio, ma guarda un po'. Nella classifica degli assist, è diventato il settimo direttore d'orchestra d'ogni epoca ad aver superato la soglia degli ottomila, il paragone con l'Everest è sin troppo facile. Quest'anno, a trentatré primavere, sta tenendo il suo massimo in carriera alla voce rimbalzi. La domanda, dunque, sorge spontanea: after all, who is the triple double machine?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Jason Kidd è il miglior play degli ultimi 10 anni, a 33 anni non dà segno di cedimenti. E poi ti sei dimenticato di dire che si, l'anno prima dell'arrivo di Kidd 13 vittorie i Mavs, ma l'anno prima ancora 11! Un grande trio quell'anno con Mashburn e Jim Jackson.

Anonimo ha detto...

è stupefacente come playmaker. mi piace talmente tanto come giocatore che lo farei giocare pure con me a pallavolo :-)

Rob ha detto...

infatti ho aggiornato il totale ;)

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