lunedì, agosto 26, 2013

Da Bobby Hurley a Greg Oden, quando gli dei del basket ti remano contro.


In principio fu Bobby Hurley, il play dei Duke Blue Devils capaci di fare il back-to-back in NCAA, una roba che ti consegna alla storia dello sport USA senza passare dal via. Il basket stava iniziando a diventare uno sport davvero "globale", perché la doppietta di cui sopra venne realizzata proprio pochi mesi prima che i dodici del Dream Team, a Barcellona, lustrassero gli occhi al mondo intero in un'Olimpiade mai più ripetibile. Bobby Hurley di quei Duke Blue Devils lì era il direttore d'orchestra, vera estensione in campo di quel coach Mike Krzyzewski che era ancora un allenatore emergente e non l'affermato guru che è oggi, vent'anni dopo quel back-to-back.

Bobby Hurley ha avuto cifre in NCAA che lasciavano presagire per lui un futuro splendente: nella mania tutta giornalistica di trovare epigoni, in molti si erano affrettati a vedere in lui il nuovo John Stockton.  Cifre e vittorie parlavano per lui, badate bene: in quattro stagioni ai Blue Devils, tre finali NCAA disputate, due vinte (di cui una da Most Outstanding Player del torneo NCAA), miglior assistman di ogni epoca nella pallacanestro collegiale, un anno da senior a 17 punti, 8.2 assist e il 42% da tre, nella sua carriera ha purtroppo dimostrato più di una volta di non saper scegliere il momento giusto per fare le cose, al di fuori del rettangolo di gioco. Cominciando dalla scelta di restare al college anche per il quarto anno, uscendo dal college nel 1993, per finire in un draft dove si è trovato in compagnia di gente come Penny Hardaway (un altro a cui non è che sia andata proprio benissimo, a ben guardare), Allan Houston, Sam Cassell, Nick Van Exel (solo per rimanere nel settore "guardie che hanno disputato un All-Star Game"), invece che nel 1992, dove l'unica guardia che abbia fatto un po' di strada è stato Latrell Sprewell e dove non si ricorda un solo play degno di nota.  Draft 1993 che ha poi significato essere scelto dai Sacramento Kings, non esattamente una squadra "ben assortita".  Sacramento che ha poi significato la fine pressoché immediata delle ambizioni di Bobby, con il grave incidente d'auto che lo vide coinvolto nel dicembre 1993.  In pochi sanno che Hurley in quell'incidente venne riconosciuto come parte lesa, e l'altro autista condannato a risarcirlo: il suo fisico, già non esattamente mostruoso per gli standard NBA non fu più lo stesso, dopo l'incidente.  Il giocatore che rientrò in NBA il 31 gennaio 1995 era l'ombra di quello che fu a Duke e che a Sacramento pensavano di ammirare presto.  Solo qualche sporadica epifania, per Bobby, come i 14+17 assist nella vittoria contro i Lakers nel 1995, o i 17 punti (in maglia Grizzlies) contro i Jazz di John Stockton, nel 1998, in una delle sue ultime gare in NBA.
Dopo essere stato paragonato a lungo ai migliori play di sempre, nei suoi anni di college (che comunque gli hanno fruttato riconoscimenti di ogni genere), Bobby Hurley ha avuto il triste destino di diventare lui stesso un epigono: quello del giocatore ultracelebrato in NCAA, con mille riflettori addosso, e che in NBA, per un motivo o per l'altro, non ce la fa.
La lista è lunghissima, e a farla si lascia fuori di sicuro qualche nome: da John Wallace a Michael Olowokandi, da Mateen Cleaves a Juan Dixon, da Miles Simon a Jay Williams, il nome più eclatante è però probabilmente quello di Greg Oden, prima scelta assoluta del draft 2007 dopo un anno ad Ohio State dove la sua superiorità atletica e fisica sui pari età era sembrata francamente imbarazzante.  Per gli altri, ovviamente.

Tanto era sembrato forte Oden, da essere preferito nel draft anche a Kevin Durant, colui che oggi come oggi è con ogni probabilità il secondo giocatore più forte dell'intera NBA, dietro solo all'inarrivabile LeBron James. Epigono di David Robinson, per conformazione fisica e movenze, Oden era la grande speranza della pallacanestro americana in un ruolo, il pivot, da sempre decisivo per la pallacanestro, e con sempre meno interpreti validi. Greg Oden ha poi saltato l'intera stagione 2007-2008 per un intervento chirurgico ad un ginocchio. Ha giocato solo una parte della stagione seguente, facendo vedere le buone cose per cui era stato scelto solo per brevi tratti (16 doppie doppie per lui nelle sue prime 45 gare nella Lega); ha iniziato la stagione 2009-2010 in modo tutto sommato confortante (11.65 punti di media e 8.9 rimbalzi nelle prime 20 gare dell'anno, con una partita da 20 rimbalzi e 4 stoppate in 30 minuti), salvo poi infortunarsi nuovamente il 5 dicembre 2009: quattro minuti in campo, il nuovo infortunio al ginocchio nel tentativo di stoppare Aaron Brooks. Ad oggi, la sua ultima apparizione in NBA. Ad oggi, perché i Miami Heat hanno annunciato di aver firmato Greg Oden per il prossimo anno, la squadra ideale per lui "perché non ci sarebbe stato bisogno da subito di lui".  Gli dei del basket, di solito, sono molto avari di second chances. Chissà che per lui non abbiano deciso di fare un'eccezione: in tal caso, i Miami Heat potrebbero aver fatto l'affare del secolo.

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