È cominciata in questi giorni la stagione regolare del basket collegiale. Obiettivo: strappare un invito all’evento più importante, al ballo più esclusivo della palla a spicchi: il torneo NCAA. Si riparte dal back-to-back dei Florida Gators di Billy Donovan, ai quali abbiamo già dedicato un meritatissimo articolo in questo sito, e dai delusi delle Final Four, Ohio State sopra tutti, che aveva allestito un signor cast intorno al signor Oden e aveva da vendicare la sconfitta patita dai Gators nella finale di football collegiale qualche settimana prima; si prosegue con UCLA e Georgetown, fuori alle semifinali al termine di partite tirate piuttosto e anzichenò.
Capitolo uno: le saccheggiate dal draft NBA
Florida, guidata ancora da Donovan nonostante il corteggiamento dei Magic e il successivo annullamento delle nozze, è ovviamente la principale depredata dalle chiamate del piano di sopra: alla preparazione atletica mancavano infatti, rispetto allo scorso anno, oltre a Lee Humprey, laureatosi e trasferitosi in Grecia, Al Horford (agli Hawks), Corey Brewer, Chris Richard (ai T’Wolves), il figlio del tennista (ai Bulls) e Taurean Green (ai Blazers). Ora mr. Saudade de Florida Donovan si trova alle prese con una nidiata di freshmen e comunque, ci ha fatto sapere, ai blocchi di partenza c’è anche lui. I Gators sono stati al numero 24/25 del ranking ma al momento sono nuovamente fuori.
Ohio State, oltre a mr. Ginocchia Fragili che se n’è andato a fare il dipendente di Paul Allen (ma non esattamente alla Microsoft) ha perso anche i due mezzi del backcourt (uno ai Grizzlies e l’altro a fare il cambio di D-Wade agli Heat), e infatti nelle classifiche di inizio stagione non compare.
Capitolo due: quelle che c’è mancato poco
UCLA è sempre lì, nonostante il miglior realizzatore della scorsa stagione sia ora impegnato a gioc(hicchi)are coi Pistons. I Bruins sono al secondo posto nella classifica di inizio stagione, al primo secondo alcuni, ma comunque, visto che gran parte del materiale dello scorso anno è rimasto, la squadra più titolata del college basket proverà ancora ad inseguire quel titolo che le manca da oltre dieci anni, quando in cabina di regia evoluiva un certo Tyus Edney.
Georgetown si attesta al numero 5 del ranking, nonostante Jeff Green partito a fare compagnia al sicuro Rookie dell'Anno ai Sonics, ci sono sempre il sette piedi e due Roy Hibbert, Sapp, Summers, Wallace e il figlio del proprietario del book of records dei New York Knicks, che per inciso un titolo da queste parti se lo era portato a casa. Prestare attenzione.
Capitolo tre: quelle che ci sono sempre
North Carolina ha uno dei maggiori realizzatori del basket collegiale, quel Tyler Hansbrough di cui spesso abbiamo letto dei trentelli nei tabellini della scorsa stagione, il che ne fa una potenziale concorrente di UCLA, alla quale contende infatti il ruolo di numero 1 nelle classifiche di questo pezzetto di stagione. Ha perso Wright finito a far compagnia sul pino al nostro Belinelli a Oakland, e Reyshawn Terry a fare l'omonimo del Jet ai Mavs, ma il roster è profondo (è rimasto l'ottimo Ellington, e un altro paio di giocatori fanno compagnia ai due fin qui citati alla voce “realizzatori in doppia cifra di media”) e la voglia di rivalsa è tanta.
Duke Posizione nel ranking: numero 7. Coach: sempre Mike Krzyzewski. Tifosi: sempre i Cameron Crazies, probabilmente i migliori di tutta l'NCAA. Ne manda cinque i doppia cifra tutte le sere (in sovrannumero, tutti oltre il 50 % dal campo e un paio da 85% ai liberi) e ha due giocatori da 6 e due da 4 rimbalzi a partita. Come sempre, mai sottovalutarli, anche se a questo giro sembra che manchi la stellina da far emergere.
Kansas dalla squadra che ha avuto Naismith come unico allenatore con un record vinte/perse sotto il 50%, al draft se n'è andato solo Julian Wright, finito agli Hornets. Collins e Arthur portano avanti la carretta alla voce “punti”, il secondo tira giù anche un buon numero di rimbalzi. Attualmente sono al quarto posto del ranking, e non può essere un caso se si considera che i primi otto della rotazione hanno tra i venti e i trenta minuti in campo e tra gli otto e i sedici punti. Sono sempre tosti, quest'anno sembrano esserlo in particolar modo.
Indiana la squadra più importante di basket state (ovvero, per certi versi, la squadra più importante al mondo) appare in buona salute dopo qualche anno di appannamento. Posizione numero 15 per gli Hoosiers di Eric Gordon, tremendo realizzatore sin qui. Gli uomini di Kelvin Sampson, cinque titoli all'attivo e assenti dalle Final Four dal 2002, sembrano una squadra potenzialmente in grado di prendere fuoco, soprattutto se gli altri daranno una mano al già citato Gordon.
Syracuse questa sarebbe la squadra per cui batte il cuore dell'estensore di questo articolo, e soprattutto dell'ormai storico coach Jim Boeheim, al timone degli Orange dal 1976. I fasti del 2003 e della coppia Anthony – McNamara sembrano un po' lontanucci, ma l'osso è duro da spolpare per chicchessia. Donté Greene, oltre ad avere un nome terrificante, è uno dei freshmen più interessanti visti in questo spicchio di stagione, affiancato da un Eric Devendorf da Oak Hill Academy a cui saranno attribuite sicuramente maggiori responsabilità, dopo la partenza di Demetris Nichols verso i lidi della NBA. Boeheim è galvanizzato dal recente ingresso nella Hall Of Fame e dalle 750 vittorie ottenute, nonché dal fatto di essere uno degli allenatori più a prova di bomba del basket moderno, e trova stimoli dal fatto di essere stato il Grande Escluso dello scorso torneo nonostante le 24 vittorie. Entrano ed escono dai ranking. Vedremo.
Capitolo quattro: quelle che sono in agguato
Siccome nel college basket non si può mai dire, ci sarà sempre una George Mason dietro l'angolo. Posto che è praticamente impossibile indovinarla fin da ora, se una Cenerentola ci deve essere, ci auguriamo che sia USC, attualmente ventiduesima nelle graduatorie collegiali, dove gioca la stellina Mayo, potenziale scelta tra le prime dieci se decide di uscire al draft, ma soprattutto dove il play è un certo Daniel Hackett, che la scorsa estate ha fatto da sparring partner a Bulleri e Di Bella, e che nel futuro dovrebbe ricoprire il ruolo di regista della nazionale azzurra. Trattasi di playmaker alto, molto rimbalzista, più propenso all'assist che al canestro seppur capace di andare in doppia cifra. Metro di paragone? Non ve lo diciamo, per rispetto. Vi diamo un piccolo aiutino, però: le sue iniziali sono JFK, ma di cognome non fa Kennedy.
1 commento:
Mi gioco Memphis favorita (un po' a sorpresa forse) per il titolo, e Kevin Love MVP... ancor più di Mayo. Vedremo poi... l'attesa della March Madness è sempre elevatissima!
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