giovedì, aprile 07, 2016

Gli anni di Drazen Petrovic. Pallacanestro e vita.

Se dovessi riassumere questo libro in una frase, direi semplicemente così:  un libro di cui c'era bisogno, che prima non c'era e adesso c'è.  Detto questo, possiamo cominciare ad entrare nel merito del contenuto di queste pagine, che io sappia il primo libro in lingua italiana che ripercorre tutta la storia personale e sportiva di uno dei più grandi interpreti di questo sport di tutti i tempi, sia detto senza retorica, così come senza retorica è la ricostruzione fatta da Stefano Olivari: Dražen Petrović.
Per farvi capire la grandezza di questo giocatore, che ha avuto una carriera sportiva tutta pre-internet, e un'esposizione mediatica tutto sommato limitata, considerando i soli quattro anni in NBA - di cui solo due da titolare, in un sondaggio fatto un mese fa dal sito Hoopshype tra i propri lettori, è tuttora nei primi cinque europei di ogni epoca, in compagnia di Nowitzki, Gasol, Sabonis e Tony Parker, mentre sempre dallo stesso Hoopshype, tre anni fa, avevamo appreso che secondo un sondaggio da loro condotto tra 38 giocatori europei nel 2013, il Mozart dei canestri era il numero uno
Il libro si articola in quattro sezioni, che della vita di "Petro" tracciano un percorso sia temporale che geografico: JUGOSLAVIA, EUROPA, AMERICA, TESTIMONI.  Le prime tre rappresentano un excursus delle varie fasi della vita di Dražen, dall'infanzia e la maturazione come giocatore nella Jugoslavia del Maresciallo Tito, ai trionfi europei con il Cibona Zagabria e il Real Madrid, alla fatica ad inserirsi in NBA a Portland, alla consacrazione coi New Jersey Nets, alla tragica fine; la quarta rappresenta un tributo postumo - fatto da quelli che potremmo chiamare "persone informate sui fatti" - al più forte giocatore di una generazione di fenomeni, nati a cavallo tra i 60 e i 70 in quel Paese che una volta si chiamava Jugoslavia e che oggi non esiste più.  Ma il libro di Olivari non fa sconti, e ci restituisce un Petrović "vero", nel bene e nel male:  i compagni più "anziani" che mal tollerano questo giovane dal talento smisurato, ma anche dalla faccia tosta senza confini, che non disdegna la giocata spettacolare e che all'occorrenza deride l'avversario, croce e delizia dei tifosi, dei compagni di squadra, degli avversari.  Il Petrović tratteggiato da Stefano Olivari è sportivamente il numero uno, ma si percepisce anche come possa essere stato odiatissimo dagli avversari, per certi suoi atteggiamenti sul campo.  Fuori dal campo, in realtà, c'è poco da dire, nel senso che Petro era indubbiamente un anti-personaggio, eccezion fatta per il suo schierarsi pro-secessionismo croato che ne ha fatto un eroe nazionale nella sua nuova patria già da vivo.
C'è un punto a favore di questo libro, ed è un merito indiscutibile:  riesce a restituire intera la figura di Dražen Petrović, in tutta la sua grandezza - e non era affatto un compito facile - anche a chi non ha avuto la fortuna di vederlo giocare dal vivo, o comunque non è persona informata dei fatti.  Non occorre, insomma, essere dei profondi conoscitori del campionato jugoslavo di fine anni 70, o delle coppe europee degli anni 80, o della NBA a cavallo tra gli 80 e i 90, basta sapere quelle tre o quattro cose essenziali alla comprensione dello svolgimento di una competizione di pallacanestro.  Un piccolo neo, tuttavia, va sottolineato, anche se è una "lacuna" di poco conto e che il lettore può facilmente colmare:  nel corso del libro, alcune volte si fa riferimento al docu-film Once Brothers, realizzato nel 2010 da NBA Entertainment, dando un po' per scontato che chi legge il libro lo abbia effettivamente visto. Plausibile, certo, ma non scontato. Comunque, le osservazioni al riguardo sono tutte condivisibili, lo dico io che ho visto il film e letto il libro.
In ogni caso, una biografia che si legge tutta d'un fiato, che non mi meraviglierei se venisse tradotta anche in altre lingue, perché Petrović è uno di quegli sportivi (pochi, pochissimi: così sui due piedi, vengono in mente solo Marco Simoncelli e Ayrton Senna) che erano una leggenda già in vita, e di cui possiamo dire senza timore di smentita che la morte ne ha interrotto l'ascesa più di quanto non ne abbia ingigantito il mito.  Le oltre centomila persone che hanno assistito al suo funerale a Zagabria ci danno un'idea, seppur vaga, di quanto grande e importante fosse la figura di "Petro" per il basket mondiale.  Una rockstar ante litteram, un giocatore di cui, purtroppo, le fatalità della vita ci hanno sottratto la parte migliore.  Leggere per credere.

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