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Partiamo dalle cose facili facili.
Il meccanismo delle Final Four, per esempio. Semifinali il 13 maggio in
gara secca. Finale (e finale inutilissima per il 3° e 4° posto, che ha un senso
giusto per le competizioni dove si assegna la medaglia di bronzo: vi prego,
abolitela) il 15 maggio, sempre in gara secca. Una meraviglia agli occhi di chi
scrive.
C'erano uno
spagnolo, un turco e un russo. Anzi due.
Le semifinali di cui sopra si sono disputate tra il Saski Baskonia del redivivo Ioannis Bourousis, miglior rimbalzista del torneo, e il Fenerbahce di coach Zelimir Obradovic - e si, di Gigi Datome, tanto per accontentare quella fetta di persone che cercano sempre il "pezzettino d'Italia" nelle finali di qualsivoglia sport - da una parte, mentre dall'altra c'è stato un inedito Derby Di Grande Madre Russia. Oddio, la sfida tra il Lokomotiv Kuban, di stanza a Krasnodar, e il CSKA Mosca, peraltro, ci obbliga ad interrogarci sulla portata geografica della parola "derby", stante che la distanza tra Mosca e Krasnodar è praticamente identica a quella che intercorre tra Aosta e Catanzaro, per dire.
Apriamo e chiudiamo rapidissimamente
una parentesi: nella terna arbitrale della finale c'era anche Gigi
Lamonica, designato nonostante la presenza di Datome nel Fener. I tentativi di
fare polemica ci sono stati, seppur blandi e seppur non diretti esclusivamente
al fischietto italiano. Speriamo ingenuamente che la questione-polemiche-arbitrali
non prenda troppo campo anche nel basket, ecco.
Alla fine, l'ha
spuntata il CSKA di Dimitris Itoudis.
CSKA che torna ad alzare il trofeo dopo la vittoria del 2008 targata
Ettore Messina (giuro, non è intenzione dell'estensore del pezzo fare dello
spirito patriottico, è solo una coincidenza. Ma su Messina e Obradovic ci
torniamo brevemente più avanti), dopo aver perso la finale 2009 (di 2, dopo una
bella rimonta nell'ultimo quarto), la finale 2012 (di 1, dopo essere stato
avanti di 19, con un canestro di Printezis che ciao)
e aver rischiato seriamente di perdere anche
questa (avanti di 21 a inizio terzo quarto, trascinati all'overtime dal Fener). E tuttavia, il personaggio per antonomasia è
ancora una volta Obradovic, perché il fatto che abbia perso la sua seconda
finale (su 10 disputate) fa notizia quasi quanto il ritorno alla vittoria dei
moscoviti, la settima, scusate del poco.
Aver guardato queste quattro
partite, magari facendo il paragone con una partita di playoff della serie A
nostrana ci fa capire alcune cose. Essenzialmente, il fatto che oggi,
anno di grazia 2016, per essere competitivi a questo livello ci sono due
modi: avere un roster quasi da NBA - e questo è il caso del Fenerbahce e
del CSKA - oppure avere una chimica di squadra prossima alla perfezione unita
alla presenza di ottimi giocatori, anche se magari non campionissimi, così come
è successo alle altre due partecipanti al Gran Ballo Finale. Anche nel basket,
insomma, così come nel calcio, si è venuto a creare un gap tecnico che spiega
come un'impietosa prova del nove il perché l'ultima Eurolega l'abbiamo vinta
nel 2001 - quando per l’appunto la Virtus Bologna era quasi una squadra NBA -
l'ultima finale l'abbiamo persa nel 2004 e negli ultimi 10 anni abbiamo
totalizzato due terzi posti e fine della musica.
Zelimir
Obradovic o della mancanza di appeal mediatico, magari.
Mi è capitato
di assistere a dei colloqui di lavoro dalla parte dell'esaminatore. È
un'esperienza che tutti dovrebbero fare, almeno una volta nella vita, perché ti
fa capire come mai, da una certa età in poi, le cose semplicemente smettono di
andare come vorresti, e a volte anche come dovrebbero. E - per traslato -
che Voltaire aveva ragione, quando scrisse "Candido" per dileggiare
il concetto secondo il quale viviamo nel migliore dei mondi possibili.
Applicando questo discorso, meno slegato dal basket di quanto si potrebbe
pensare, a Obradovic, risulta abbastanza evidente come Zeljko, o Zele che dir
si voglia, abbia dei problemi nell'avere successo ai colloqui di lavoro.
Ha un palmarès da allenatore che parla per lui, eppure - per dire - in NBA non
se lo fila nessuno. Fate conto che vi arrivi il suo CV sul tavolo e
dobbiate scegliere qualcuno per allenare la vostra franchigia. Ecco, nel
curriculum di questo signore serbo nato nel 1960 c'è scritto che ha 25 anni di
esperienza come allenatore, nel corso dei quali ha vinto 8 volte l'Eurolega
arrivando altre 7 volte almeno in semifinale; ha vinto 2 coppe Saporta, 13
scudetti (ed è in corsa per fare 14), 9 coppe nazionali. Più le medaglie
con la nazionale, e con un anno sabbatico di mezzo. Poi capita che si
liberano dei posti in NBA e scelgano gente tipo Kenny Atkinson o Michael
Malone. E allora magari tu ti fai delle domande, cioè, io almeno me le
sono fatte: cosa c'è che non va in Zele Obradovic, in una Lega che ha
dato una chance a David Blatt (defenestrato in fretta e furia per far spazio a
Tyronn Lue, anche qui ci sarebbe da dire, ma aspettiamo la fine della
stagione), e che presto magari ne darà una a Ettore Messina, due che hanno un
curriculum di tutto rispetto ma comunque inferiore a quello del serbo? E che
risposte mi sono dato?
Il primo moto, ovviamente, è quello
di dire che boh, questi son tutti pazzi, come fanno a non accorgersi di quello
che sta combinando questo tizio? Poi scatta la fase del voler trovare
motivazioni a tutti i costi, e allora quello che viene da dire è che magari
Obradovic ha come unico problema il fatto di essere, anche solo a pelle, meno
"mediaticamente spendibile" rispetto ai due sopra citati. Anche
se magari Messina lo considera un po' la sua bestia nera, anche se Blatt ha
vinto parecchio meno di lui. Certo, Obradovic non è umile ("Allenare
nella Nba? Ci sono state alcune voci, un paio di squadre hanno parlato con il
mio agente. Qualcuno voleva 'intervistarmi' come dicono loro, ho detto che io
le interviste le faccio con i giornalisti... Se vogliono parlare con me, per
prima cosa devono venire qui. E in secondo luogo, se qualcuno mi vuole, sa
tutto di me. Quindi, di cosa dobbiamo parlare?"). Certo, ha una faccia
meno "pulita" degli altri due. Certo, magari prenderebbe un voto più
basso all'orale di inglese. Che a questo punto, molto probabilmente, non
è disposto a cambiare, a snaturarsi, e non sarebbe neanche giusto
chiederglielo. Ma sono seriamente motivi per dire che questo signore
serbo non meriterebbe una chance nella Lega? Secondo i nostri standard magari
no, ma la NBA, si sa, è innanzitutto "vendere al meglio un
prodotto". E probabilmente, quelli che sfogliano i CV pensano che
Zeljko non faccia al caso loro per motivi puramente extracestistici.
Gone with the
wind.
La morale di
tutta la vicenda può essere riassunta usando tre frasi di "Via col
vento" di quelle che tornano sempre buone per queste occasioni, e sono le
seguenti.
Se lo chiedete
a un addetto ai lavori, se Obradovic prima o poi riuscirà a farsi assumere
dall'altra parte dell'Atlantico, la risposta più probabile che vi darà è che,
come direbbe Rossella O'Hara, "domani è un altro giorno".
Se lo chiedete
a Obradovic medesimo, a vostro rischio e pericolo, è possibile che prenda in
prestito la celeberrima risposta di Rhett Butler, da 94 minuti di applausi,
"francamente, me ne infischio!".
Se lo chiedete a me, che non sono né l'uno né l'altro,
e che - se non si fosse capito, ma di sicuro si era capito eccome - ad allenare
in NBA ce lo vedrei bene, e volentieri, anche domani, sono costretto a dirvela
con Mamie: "Io rimango per vedere anche questa!".
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