Non c'è niente da fare. Se i tuoi tifosi ti hanno soprannominato “Billy The Kid” quando eri un giocatore, e se le tue fortune sportive come giocatore hanno inizio quando ad allenarti arriva un certo Rick Pitino, ci sono buonissime probabilità che tu sia un predestinato.
Le fortune cestistiche di Billy “The Kid” Donovan ebbero infatti inizio nell'inverno a cavallo tra il 1985 e il 1986, quando il coach di cui sopra decise di fare di lui un ventellista. Missione compiuta, e partecipazione alle Final Four 1987, cercate su YouTube Keith Smart per capire come andò a finire, ma questa è un'altra storia che meriterebbe sinceramente di essere narrata a parte. Torniamo da Billy The Kid. Soddisfazioni da giocatore pro, scrivete direttamente zero. Un anno in CBA e uno in NBA, ancora con Rick Pitino. Punti e presenze in numero trascurabilissimo.
Giocatore fedele al coach: tenete presente questo principio perché lo ritroveremo spesso più avanti.
Billy, a questo punto, per tenere fede al suo soprannome da bandito, comincia a lavorare per un'agenzia di investimenti in borsa. Al che Pitino, per tirarlo fuori da quel mondo popolato da squali, comincia inconsapevolmente a preparargli la strada che lo porterà dritto in bocca agli Alligatori. Dalla padella alla brace, metaforicamente. Rick nostro, italoamericano rigorosamente vestito Armani, chiama Donovan come suo assistente a Kentucky University. Primo passo obbligato verso l'head coaching, che se nel Curriculum Vitae scrivi “assistente di Rick Pitino a UK per x anni”, stai sicuro che prima o poi arriva. E infatti arriva la chiamata dalla Marshall University. Il primo colpo di Billy Donovan come reclutatore è un colpo degno di lode: Jason Williams. Andate a ripescarvi l'articolo su White Chocolate a firma del sottoscritto per capirne di più. Due buone annate a Marshall e arriva una job offer da Florida University, quelli del Gatorade. Contrariamente a quello che si sarebbe portati a pensare, la tradizione cestistica da quelle parti era pari a zero, prima che arrivasse Billy The Kid con il suo fido scagnozzo White Chocolate, che decide di rimanere fedele al suo allenatore a mo' di Batman e Robin e seguirlo a Gainesville. Apparizioni alle Sweet 16, due. Alle Final Four, una, datata 1994. diciamo che il football era leggermente predominante.
Ora, ci vuole una discreta dose di incoscienza a fare quello che ha fatto Billy Donovan nel nuovo millennio, non solo per il fatto di essere riusciti dove il mentore aveva fallito, ovvero nel back-to-back, che in NCAA ti consegna alla leggenda senza passare dal via, ma anche nel resto. Cominciamo dalla fine: Billy Donovan ha appena stabilito un record: è stato il coach di più breve durata su una panchina NBA: cinque GIORNI agli Orlando Magic, prima di cedere alla saudade di Gainesville (distanza da Orlando: 115 miglia terrestri) e decidere di tornare a casa. Il che gli costerà l'impossibilità ad allenare una qualsiasi squadra al piano di sopra fino al 2012.
I risultati sul campo, però, parlano per lui. Sweet 16 nel 1999, Final Four 2000, sconfitto dai Michigan State Spartans di Mateen Cleaves (anche qui, nome già noto ai frequentatori di questo sito). Poi, nel 2004, la scalata verso la gloria passa per una tappa talmente romanzesca da dover essere vera a tutti i costi. Billy The Kid si reca a trovare il campione del Roland Garros 1983, Yannick Noah, e gli fa: “ehi, B-Boy (è noto a tutti che Yannick, dopo aver smesso i panni del tennista, si è infilato quelli del musicista), è vero che hai un figlio di due metri e dieci? Che ne dici se lo porto con me a giocare a Florida University?” Affare fatto. Il figlio del tennista e di Miss Svezia 1978, che a occhio e croce ha un 99% di cromosomi paterni, in due anni diventa un giocatore fatto e finito, e i Gators, guidati da lui, da Al Horford (figlio di Tito Horford, giocatore a sua volta, visto per qualche mese in quel di Siena), Corey Brewer, Taurean Green e Lee Humphrey, decidono che sotto la guida di Donovan possono smetterla di essere i parenti poveri dei giocatori di football, al campus, e giocano talmente bene insieme e talmente di gusto che si portano a casa il titolo NCAA, per giunta contro UCLA, l'università più titolata del College Basket. Al che Billy, che del concetto di fedeltà al coach ha già dimostrato di capirne qualcosa, chiude i neocampioni del basket universitario nello spogliatoio e gli fa: “ragazzi, vi è piaciuto lo scherzetto che abbiamo imbastito?” e tutti, più o meno in coro: “Siiii coach, è stato grande!” “ma vi siete stancati di vincere o ci avete preso gusto?” “ci abbiamo preso gusto, coach, let's do it again!” “Affare fatto!” (e due! I tempi trascorsi a Wall Street hanno evidentemente affinato l'intuito di Donovan...) Fedeli al coach. Cinque su cinque. Roba che non era riuscita neanche a Coach K. Back-to-Back scritto nelle stelle, come premesso. Noah MVP nel 2006, Corey Brewer nel 2007. Tutti nella storia di questo sport, compreso Billy The Kid, che chissà cosa ha in mente per il prossimo anno...
Le fortune cestistiche di Billy “The Kid” Donovan ebbero infatti inizio nell'inverno a cavallo tra il 1985 e il 1986, quando il coach di cui sopra decise di fare di lui un ventellista. Missione compiuta, e partecipazione alle Final Four 1987, cercate su YouTube Keith Smart per capire come andò a finire, ma questa è un'altra storia che meriterebbe sinceramente di essere narrata a parte. Torniamo da Billy The Kid. Soddisfazioni da giocatore pro, scrivete direttamente zero. Un anno in CBA e uno in NBA, ancora con Rick Pitino. Punti e presenze in numero trascurabilissimo.
Giocatore fedele al coach: tenete presente questo principio perché lo ritroveremo spesso più avanti.
Billy, a questo punto, per tenere fede al suo soprannome da bandito, comincia a lavorare per un'agenzia di investimenti in borsa. Al che Pitino, per tirarlo fuori da quel mondo popolato da squali, comincia inconsapevolmente a preparargli la strada che lo porterà dritto in bocca agli Alligatori. Dalla padella alla brace, metaforicamente. Rick nostro, italoamericano rigorosamente vestito Armani, chiama Donovan come suo assistente a Kentucky University. Primo passo obbligato verso l'head coaching, che se nel Curriculum Vitae scrivi “assistente di Rick Pitino a UK per x anni”, stai sicuro che prima o poi arriva. E infatti arriva la chiamata dalla Marshall University. Il primo colpo di Billy Donovan come reclutatore è un colpo degno di lode: Jason Williams. Andate a ripescarvi l'articolo su White Chocolate a firma del sottoscritto per capirne di più. Due buone annate a Marshall e arriva una job offer da Florida University, quelli del Gatorade. Contrariamente a quello che si sarebbe portati a pensare, la tradizione cestistica da quelle parti era pari a zero, prima che arrivasse Billy The Kid con il suo fido scagnozzo White Chocolate, che decide di rimanere fedele al suo allenatore a mo' di Batman e Robin e seguirlo a Gainesville. Apparizioni alle Sweet 16, due. Alle Final Four, una, datata 1994. diciamo che il football era leggermente predominante.
Ora, ci vuole una discreta dose di incoscienza a fare quello che ha fatto Billy Donovan nel nuovo millennio, non solo per il fatto di essere riusciti dove il mentore aveva fallito, ovvero nel back-to-back, che in NCAA ti consegna alla leggenda senza passare dal via, ma anche nel resto. Cominciamo dalla fine: Billy Donovan ha appena stabilito un record: è stato il coach di più breve durata su una panchina NBA: cinque GIORNI agli Orlando Magic, prima di cedere alla saudade di Gainesville (distanza da Orlando: 115 miglia terrestri) e decidere di tornare a casa. Il che gli costerà l'impossibilità ad allenare una qualsiasi squadra al piano di sopra fino al 2012.
I risultati sul campo, però, parlano per lui. Sweet 16 nel 1999, Final Four 2000, sconfitto dai Michigan State Spartans di Mateen Cleaves (anche qui, nome già noto ai frequentatori di questo sito). Poi, nel 2004, la scalata verso la gloria passa per una tappa talmente romanzesca da dover essere vera a tutti i costi. Billy The Kid si reca a trovare il campione del Roland Garros 1983, Yannick Noah, e gli fa: “ehi, B-Boy (è noto a tutti che Yannick, dopo aver smesso i panni del tennista, si è infilato quelli del musicista), è vero che hai un figlio di due metri e dieci? Che ne dici se lo porto con me a giocare a Florida University?” Affare fatto. Il figlio del tennista e di Miss Svezia 1978, che a occhio e croce ha un 99% di cromosomi paterni, in due anni diventa un giocatore fatto e finito, e i Gators, guidati da lui, da Al Horford (figlio di Tito Horford, giocatore a sua volta, visto per qualche mese in quel di Siena), Corey Brewer, Taurean Green e Lee Humphrey, decidono che sotto la guida di Donovan possono smetterla di essere i parenti poveri dei giocatori di football, al campus, e giocano talmente bene insieme e talmente di gusto che si portano a casa il titolo NCAA, per giunta contro UCLA, l'università più titolata del College Basket. Al che Billy, che del concetto di fedeltà al coach ha già dimostrato di capirne qualcosa, chiude i neocampioni del basket universitario nello spogliatoio e gli fa: “ragazzi, vi è piaciuto lo scherzetto che abbiamo imbastito?” e tutti, più o meno in coro: “Siiii coach, è stato grande!” “ma vi siete stancati di vincere o ci avete preso gusto?” “ci abbiamo preso gusto, coach, let's do it again!” “Affare fatto!” (e due! I tempi trascorsi a Wall Street hanno evidentemente affinato l'intuito di Donovan...) Fedeli al coach. Cinque su cinque. Roba che non era riuscita neanche a Coach K. Back-to-Back scritto nelle stelle, come premesso. Noah MVP nel 2006, Corey Brewer nel 2007. Tutti nella storia di questo sport, compreso Billy The Kid, che chissà cosa ha in mente per il prossimo anno...
2 commenti:
sempre interessanti i tuoi articoli ;)
Ne sai una più del diavolo....
E' sempre un piacere leggere questo blog.
Ciaoo
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