Paolo Moretti, ragazzone con la faccia da “bravo citto”, nasce ad Arezzo nei primi giorni dell’estate del 1970. È un ragazzo di due metri con un bel po’ di coordinazione, che decide che il suo sport non poteva essere il calcio. Così si iscrive alla Scuola Basket Arezzo, e lì capiscono subito che il ragazzo c’è, eccome se c’è. Allora Paolo da Arezzo si sposta nella vicina Siena. Altra tradizione, altro livello. Ma Paolo è sprecato anche lì, ché ancora non c’era il Monte dei Paschi all’orizzonte. A diciotto anni se ne va dunque a Verona, che se sei di Arezzo e giochi a basket è un po’ come andare sulla Luna. Esordio immediato in A2, dove ad Arezzo peraltro non si sono mai neanche affacciati. Tre annate in crescendo, ottime percentuali dal campo, infallibile ai liberi e poche bischerate, uno di quei giocatori che ogni allenatore vorrebbe avere in rosa, e se ne avesse anche un paio tanto meglio. A 21 anni l’esordio nella massima serie. Per gli amanti delle cifre, snocciolo queste: 17 ad allacciata, 51% da due, 44% da tre, 84% dalla lunetta, 4 rimbalzi, più palle recuperate che palle perse. A questo punto è ufficiale: l’aretino è un fuoriclasse. Se lo compra la Virtus Bologna, che se sei di Arezzo eccetera eccetera è come andare su Marte sbattendo le braccia.
Nei primi tre anni alla Virtus vince tre scudetti, segnando sempre in doppia cifra, con qualche trentello per gradire a condire il tutto. Alle V nere Paolino è la spalla di Sasha Danilovic, più vecchio di lui di quattro mesi, o in assenza dello Zar di Bologna, il facente funzione, come in quel derby di fine ottobre del 1994 in cui ne mette 26 e non a caso viene soprannominato “Morettovic”. Fino a quando non si rompe un tendine d’Achille in diretta RAI, proprio durante la terza finale scudetto (poi vinta contro la Benetton). “E poi fu diverso”, come dice lui. Anche se c’è stato ancora spazio per l’argento europeo del 1997, quello in cui l’Italia arrivò imbattuta alla finale dopo aver sconfitto la Jugoslavia, che poi pensò bene di vendicarsi nella finale; per un trasferimento a suon di (parecchie) lire all’altra sponda bolognese, che però non lo sente mai come uno di casa propria (e come potevano? In fondo era pur sempre “Morettovic”…), nonostante la vittoria in Coppa Italia - primo trofeo della storia della Fortitudo - e una finale scudetto persa dopo essere stati avanti di 4 a 18 secondi dalla fine, anche se la colpa del lato Fortitudo fu di un certo Dominique Wilkins, e in quel momento Moretti c’entrava poco per non dire niente.
Comincia allora la peregrinazione, per un giocatore con dei mezzi tecnici ancora sopra la media, ma con un posto nel Mondo del Basket tutto da ritrovare: Panionios Atene; il ritorno del figliol prodigo in quella Siena che lo aveva allevato, poi la scommessa di tornare in A2 a Roseto degli Abruzzi, dove vedremo le ultime perle della sua classe pura: oltre 20 punti di media a partita, solita intelligenza cestistica da vendere e da dare anche in beneficenza, Roseto che sale in A1 e Paolino Moretti che ci torna con essa. Ma il film di Moretti giocatore finisce qui. Più di 4000 punti segnati in campionato, il 53% da due, il 42% nelle triple, l’86% ai liberi, ma le analisi, quelle che contano, hanno le cifre tutte sballate. Paolo deve pensare a curarsi, e dare l’addio al basket giocato a soli trent’anni.
In ogni caso, come dice lui, “m’è capitato quel guaio, il campo mi stregava ancora, non mi vedevo in un altro lavoro e ho tentato”. Ha tentato di usare l’intelligenza cestistica di cui sopra nel ruolo di allenatore. E qui si apre la seconda parte della carriera di Paolino Moretti, quella parte del libro che lui sta ancora scrivendo. Terminato un apprendistato peraltro abbastanza breve, con un anno in B2 e uno in B1, a 35 anni è il più giovane coach della serie A1, ma questo non gli impedisce di ottenere una salvezza tutt’altro che scontata a Livorno. Si trasferisce in A2 alla Nuova Viola Reggio Calabria e la musica non cambia. Oggi Paolo Moretti fa l’allenatore della Prefabbricati Pugliesi Brindisi, squadra di alta fascia del girone B della serie B1. E quello che non cambia mai è che Paolino è uno che le cose, quando le fa, le fa per bene.
Ora, tra l’estensore di questo pezzo e il soggetto di cui vi abbiamo parlato finora, ci sono un paio di caratteristiche in comune. La prima è la passione, l’amore viscerale per la palla a spicchi. La seconda è la città di origine. Allora, quando ho cominciato a pensare di scrivere un articolo sul mio illustre concittadino cestista prima e allenatore adesso, ho anche pensato che - per la prima volta in questo sito - avrei potuto fare, oltre al solito articolo, anche un’intervista. È quindi con un pizzico di orgoglio (e con un ringraziamento a Pamela Spinelli, nonché a Paolo stesso, per la disponibilità) che chiudo quest’articolo con dieci domande.
1. Nell'album di "Paolino" Moretti ci sono un'infinità di istantanee di una carriera piena di momenti emozionanti, nel bene e nel male. Se tu dovessi sceglierne tre, quali prenderesti?La nascita dei miei due figli, la nascita del figlio di mio fratello e la consapevolezza, grazie a questo sport di aver vissuto e di vivere tuttora una vita straordinariamente bella.
2. Nella tua carriera hai avuto l'opportunità di giocare con alcuni dei migliori giocatori di tutti i tempi, sia europei che americani. Secondo te, qual è stato il compagno di squadra più forte che hai avuto? E l'avversario più tosto?Sasha Danilovic è il più grande di tutti. un uomo con grande personalità ed un giocatore eccezionale. Giorgios Sigalas, un greco con la faccia da greco, duro come una statua greca, al quale però un paio di volte ho fatto il culo.
3. Sei passato da Siena a Verona nel 1988, quando in NBA c'erano Larry Bird, Magic Johnson e Michael Jordan e praticamente nessun europeo. Oggi Nowitzki e Tony Parker si portano a casa i premi come migliori giocatori. Cosa è cambiato in questi 20 anni?
Il basket intorno agli USA è cresciuto, cercando di imitarlo e di adattarlo alle culture europee ed extraeuropee, tecnicamente e fisicamente non siamo lontanissimi, ma dal punto di vista della mentalità e dell'organizzazione siamo ancora distanti anni luce.
4. Come vedi i nostri italiani negli States? Secondo te aiuteranno il "movimento pallacanestro" a crescere?
Spero non siano meteore come in passato Esposito e Rusconi. Per far crescere il movimento, soprattutto dal basso ci vuole ben altro, di certo loro, se non sono egoisti e si mettono a disposizione possono essere un grande veicolo trainante.
5. Torniamo da questa parte dell'oceano. Una domanda al Moretti allenatore: cosa non ha funzionato agli ultimi Europei?Una scollatura tecnica evidente tra giocatori di differenti generazioni. Non dimentichiamo che noi abbiamo due ottimi giocatori e qualche giovane interessante, le altre nazioni di fascia alta hanno sette, otto super giocatori affermati... è un'altra cosa.
6. Apriamo una piccola polemica. Siena domina la Serie A1 con una squadra dove in rotazione non c'è neanche un giocatore della Nazionale. Che ne pensi?
Che devono essere riviste le regole sulle nazionalizzazioni facili e che le altre squadre big hanno costruito mediocri collettivi.
7. Cosa dice Paolo Moretti ad un ragazzo che sogna di affermarsi nella pallacanestro?
Devi divertirti, se non senti il fuoco dentro per questo sport, stai perdendo tempo. Lavora duro. Non mollare alle prime difficoltà.
8. Quali sono stati i tuoi "modelli" da giocatore? E quali lo sono da allenatore? E perché?
Il primo esempio che ho voluto emulare è stato mio fratello, poi ne sono seguiti tanti. Da allenatore Ettore Messina, grande tecnico, grande lavoratore, grande personalità.
9. Altra domanda per Moretti allenatore: chi può fermare Siena quest'anno? E chi lo vince il campionato di B1?In Italia non ci sono antagoniste credibili, l'unica che può pensare di crescere e di giocarsela con qualche possibilità è Roma. In B1 ci sono almeno otto squadre che possono ambire alla vittoria finale, è un campionato bello, equilibrato e difficile.
10. Che ci dici dei derby di Bologna, visto che anche in estate te ne sei portato a casa un altro, sia pur amichevole?
Bologna, città splendida, per il basket e per la qualità delle persone che la vivono. Il più bel ricordo che ho dei derby è il più 43 ottenuto con la Virtus, quando il record dello scarto inflitto ad una bolognese dalla cugina era in mano alla Fortitudo con il -32 di molti anni prima. Entrati nella storia del derby a Bologna.
6 commenti:
Grande Rub, ottimo articolo e ottima intervista ad un giocatore e allenatore straordinario. Non è che gli puoi chiedere se vuole venire a Varese ad allenare?
eh, non sarebbe una cattiva idea... se lo risento glielo dico! :)
Ottimo come al solito saras...
Interessantissimo....ormai questo blog è diventato la mia fonte primaria di informazioni-curiosità riguardanti il basket. Thanks.
Grande socio!!!
Sono commosso per l'intervista a "Morettovic"...
Lo aspettiamo ad allenare a casa nostra,magari in A...
Ebbravo Roberto... e altro che Varese, digli se viene ad Arezzo a tirarci un po' in su, che ne avremmo bisogno!
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