Il dato è impietoso e sotto gli occhi di tutti, anzi, di tutti quelli che se ne interessano: in una partita da vincere a tutti i costi, l'Italia di Charlie Recalcati, priva di Bulleri, di Vitali e dei tre NBA, si becca un sonoro ventello (72-52) da una Serbia che non vuole infierire e dice praticamente addio alle speranze di qualificazione diretta agli Europei, con tutto quello che ne consegue per il movimento della palla a spicchi in Italia. Non qualificandoci agli Europei, infatti, non avremo la possibilità di disputare i mondiali del 2010 e fino agli Europei del 2011 (o, meglio ancora, alle Olimpiadi del 2012) lo sport che tanto amiamo non avrà una vetrina di alto livello, e se dovessimo arrivare ultimi nel girone non avrà NESSUN TIPO di vetrina.
Ora, qui nessuno ha l'autorità per dire alcunché al Coach che nel triennio 2003-2005 ci ha portato al bronzo europeo, all'argento olimpico nonché all'oro ai giochi del Mediterraneo, che a curriculum ha anche i tre scudetti di Varese, di Bologna (sponda Fortitudo) e di Siena (2004, il primo della storia della Mens Sana). Il suo curriculum parla per lui, e noi non siamo nessuno per poterlo criticare. Ma intitolando così questo articolo, riteniamo di aver fatto una semplice constatazione di un dato di fatto ormai evidente. Dopo sette anni, probabilmente, sia Charlie sia la Nazionale hanno bisogno di cambiare un po' aria. Perché se il 72-52 contro la Serbia - che non è più la Jugoslavia schiacciasassi ma ha comunque diversi ottimi giocatori nel roster - ci può stare (anche se viene da dire che ci hanno anche un po' graziati, visto che sul 58-34 hanno messo in campo le riserve e buonanotte); anche se ci poteva stare perfino la sconfitta casalinga dell'andata sempre contro la Serbia; francamente le sconfitte contro la Bulgaria, che non ci batteva dal 1967 (peraltro con Bulleri che sbaglia per tre volte la palla del sorpasso), e Ungheria (anche lei a secco di vittorie contro gli azzurri da 41 anni, e campione europea la bellezza di 53 anni fa) non sono ammissibili, considerando che se proprio proprio c'era una squadra contro la quale avremmo dovuto giocarci il secondo posto del girone, quella avrebbe dovuto essere la Finlandia di Petteri Koponen e Hanno Mottola, Finlandia che ad oggi rimane l'unica nostra vittoria (grazie ai 20 punti di Poeta, probabilmente il migliore dell'Italia fin qui, e ai 15 di Cinciarini) di questa spedizione fin qui quanto mai disgraziata, in massima parte a causa del pessimo rendimento dei "senatori", ovvero i vari Soragna, Bulleri, Mordente, Mancinelli, cioè gente che a questi livelli non solo può ampiamente starci, ma che avrebbe anche le qualità per fare la differenza.
A livello di curiosità, potremmo far notare come nel 1967 un certo Recalcati Carlo da Milano, all'epoca una delle bandiere della Pallacanestro Cantù che l'anno seguente vinse il primo dei suoi tre scudetti, era una delle colonne di quella nazionale, l'ultima in grado di compiere la dubbia impresa di farsi battere da Bulgaria e Ungheria nello stesso anno.
A livello di curiosità, potremmo far notare come nel 1967 un certo Recalcati Carlo da Milano, all'epoca una delle bandiere della Pallacanestro Cantù che l'anno seguente vinse il primo dei suoi tre scudetti, era una delle colonne di quella nazionale, l'ultima in grado di compiere la dubbia impresa di farsi battere da Bulgaria e Ungheria nello stesso anno.
Ma tornando a oggi, dopo aver preso carta e penna e aver constatato che nella settimana dal 10 al 17 si decidono praticamente le sorti del basket italiano, scopriamo che non proprio tutto è perduto. Vincendo le restanti tre partite, o ALMENO due delle prossime tre, infatti, è ancora possibile evitare l'ultimo posto nel girone, ed essere inseriti nell'AQR, o Additional Qualifying Round, un barrage a sei squadre in due gironcini dove ci si giocherà l'ultimo posto disponibile per gli Europei, con delle nazionali che sarebbero tutte ampiamente alla nostra portata, soprattutto se - visto che detto AQR si giocherà nell'agosto del prossimo anno - potessimo aggiungere a questo roster i vari Bargnani, Belinelli e Gallinari. Ma per ribadire il concetto iniziale, non crediamo che sarebbe una cattiva idea provare a giocarlo con un'altra guida tecnica al timone, fermo restando il valore di Recalcati. Noi la buttiamo là: se gli allenatori italiani sentono troppo la pressione di non poter mai sbagliare alla guida della nostra nazionale, possiamo sempre valutare l'ipotesi di prendere un coach straniero, un po' come questa Bulgaria dei miracoli che si è affidata ad un certo Pini Gershon, un po' come l'Armata Rossa del CSKA Mosca di Ettore Messina; un po' come l'Italia di Bogdan Tanjevic, campione d'Europa nel 1999. Del resto, si sa, nemo propheta in patria...
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