giovedì, novembre 06, 2008

Rise and Fall of the Miami Heat

Giugno 2006. I Miami Heat di coach Pat Riley, con 36 punti di D-Wade, battono i favoritissimi Dallas Mavs 95-92 in casa loro in gara-6 delle finali NBA e si portano a casa l'anello di campioni NBA, dopo essere stati sotto 2-0 nella serie. L'epiteto di Rising Star è il più ricorrente, riferendosi a Flash, colui che ha portato sulle proprie spalle Shaq O'Neal (e questa è l'unica parte che non gli invidiamo) e i Miami Heat alla conquista del titolo, spostando gli equilibri delle Finals in un modo che in tempi recenti si era visto fare solo al ventitré in rossonero - peraltro un di lui concittadino - non ce ne vogliano i puristi.
e qui, si può dire, finiscono le note liete per un pezzo. Le due stagioni successive a quella 2005-2006 hanno visto un rapido quanto difficilmente arrestabile declino della franchigia della Florida: fuori 4-0 al primo turno contro i Chicago Bulls l'anno successivo; la miseria di 15 vittorie la scorsa stagione, peggior record di tutta la Lega e beffa ulteriore, la prima scelta assoluta del Draft che se ne va ancora a Chicago. Wade tormentato da infortuni; arrivi e partenze a raffica, l'unica cosa che non arriva mai è la continuità di risultati. Del roster che fece saltare il banco in Texas, ovvero Jason Williams, Payton, Wade, Antoine Walker, Haslem, Posey, Kapono, O'Neal e Mourning, dopo due stagioni rimanevano solo 'o scugnizzo di Miami Udonis Haslem e Dwyane Wade operato alla spalla. Si sapeva da subito che gli Heat erano una squadra costruita per vincere subito, una sorta di patto col diavolo del basket, e che il prezzo da pagare sarebbero state le stagioni a venire.
Novembre 2008. La stagione NBA è veramente appena cominciata, e non si può certo dire che quattro partite siano indicative di una stagione. Sta di fatto che attorno a quei due, oggi, Miami vanta alcuni dei giovani più interessanti della Lega, a cominciare da Michael "B-Easy" Beasley, diciannove anni e una stagione NCAA da quasi-dominatore alle spalle; a Daequan Cook, anni 21 ad aprile, che per ora sta rendendo Ohio State più fiera di lui che di Big Greg Oden; passando per Mario Chalmers (22 anni), MVP delle ultime Final Four NCAA; senza dimenticarsi il Capitano, il redivivo D-Wade visto alle Olimpiadi, anni 26 ma già di fatto un veterano. A questo roster aggiungiamo due trentenni come Shawn Marion e Jamaal Magloire, che nelle stagioni sin qui disputate hanno dimostrato che in campo ci sanno stare - soprattutto nel caso del primo, egregiamente - e anche qualche "portatore d'acqua", come l'ex "italiano" Yakhouba Diawara, Chris Quinn e Dorell Wright. Si sa che in NBA si è competitivi con un trio di fenomeni, e ad oggi Miami mette sul piatto, oltre al suo numero 3, Marion, Beasley e chissà... Del resto, volendo c'è anche spazio alla corsa dei free-agent, la prossima estate. C'è di che lottare per i playoff, e soprattutto, dopo due anni di purgatorio, c'è un progetto ambizioso che ha già portato al rinnovamento totale del roster. Senza dimenticare che anche il coach, l'esordiente e - Riley dixit - preparatissimo Erik Spoelstra è il più giovane dei 30.
Mancherebbe un play puro, ma per questo, volendo dirla tutta, vale la pena di spendere un'ultima parola per Shaun Livingston. Il suo infortunio in maglia Clippers è uno dei più brutti che chi scrive abbia mai visto: recuperarlo come giocatore, oltre a colmare una lacuna tecnica, sarebbe una gioia anche dal punto di vista umano.

1 commento:

Anonimo ha detto...

senza dubbio una squadra da tenere d'occhio quest'anno.
io puntavo (e forse punto ancora) su Portland come rivelazione, ma sicuramente aver visto un paio di partite di Miami mi sta facendo venire voglia di cambiare idea

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