giovedì, maggio 14, 2015

Altro tiro altro giro altro regalo

La copertina di Altro tiro altro giro altro regalo
Sono un po' in difficoltà a recensire un libro di Flavio Tranquillo, quello stesso Flavio Tranquillo a cui nel luglio del 1998 chiesi timidissimamente un autografo, al termine dell'amichevole premondiale tra Italia e USA che i supplenti del Dream Team vinsero di 5. Sono in difficoltà perché è difficile essere obiettivi verso la voce più famosa della pallacanestro in Italia da... vediamo... da quando guardo la pallacanestro io, più o meno. E tuttavia, decidendo di fare una recensione, cercherò di essere il più imparziale possibile, come sempre si dovrebbe fare quando si parla di un libro, un disco, un film.
Altro tiro altro giro altro regalo è per certi versi un libro autobiografico, una sorta di excursus nella carriera di Tranquillo, da radiocronista embedded a giornalista in Finivest, poi in Tele+, responsabile comunicazione per la Lega Basket, e soprattutto voce della NBA per Sky.  Ma prima che possiate dire "e vabbè, chi se ne frega della vita di Tranquillo?" vi dico che questo libro non è solo la mera narrazione delle pur interessantissime storie di vita professionale di un giornalista che ha vissuto e vive il basket "dal di dentro":  è anche, anzi soptrattutto, un racconto appassionato e appassionante di come sia sbocciato in lui l'amore per la pallacanestro.  Come dice lui stesso nel post di presentazione al libro fatto nel suo sito: "Spero che perdonerete se qualche volta parlo un po’ di me stesso, un argomento che non affronto con facilità. É una scusa per parlare di basket, ma anche di qualcos’altro."  La scansione dei capitoli riprende quella delle partite di basket, con quattro quarti e un'overtime (più un'appendice). Ogni quarto, però, rappresenta un diverso aspetto del gioco:  divisione originale e molto funzionale insieme.
Per non passare da quello che fa solo recensioni con lodi sperticate, però, mi permetto di fare alcuni piccoli appunti, giusto un paio, prima ancora di parlare delle cose che in questo libro mi sono piaciute, che sono la stragrande maggioranza.  In primo luogo, purtroppo o per fortuna, questo non è esattamente un libro per non iniziati.  Rivolgendosi ad una platea di persone che, avendo acquistato questo libro, si presume abbia già quelle conoscenze basilari, il linguaggio è a volte tecnico, molto tecnico. Il che, dal punto di vista di chi legge, non è certo un male, anche se purtroppo restringe un po' il campo di quelli che lo comprenderanno appieno.  Anche quando l'autore decide (a ragione, a parer mio) di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, è chiaro che si rivolge ad una platea già informata, almeno in parte, dei fatti. In secondo luogo, nel capitolo dedicato ai fischietti, molto spazio viene dedicato agli stralci giudiziari della cosiddetta "baskettopoli", senza però entrare fino in fondo nel merito della questione, lasciando in parte il giudizio in sospeso. 

- pausa nella recensione -
Lo faccio io, senza la pretesa di voler minimamente interpretare il pensiero dell'autore:  alla luce di quanto letto, nel libro come altrove, per restituire al basket italiano la credibilità che merita, sarebbe d'uopo revocare a Siena gli scudetti "incriminati", senza assegnarli ad alcuno.  La Mens Sana degli anni scorsi è stata una squadra che ha dimostrato più volte sul campo di meritarsi i titoli vinti, ma poiché è difficilissimo, se non impossibile, stabilire quanto di quello strapotere era derivante da un effettiva supremazia tecnica e quanto indotto arbitralmente, sarebbe una decisione della revoca sarebbe, a mio modestissimo ed umilissimo parere, l'unica percorribile.
- fine pausa -

Ci sono un sacco di cose in questo libro che mi fanno dire, agli appassionati di questo sport a cui dovesse capitare di imbattersi in queste righe, che vale la pena di leggerlo.  Vale la pena perché ricorda (o insegna) a molti di noi, che amiamo questo sport, e che più o meno professionalmente ne scriviamo, che uno sport che è insieme complesso e velocissimo come il basket non può essere ridotto all'ultima azione dell'ultimo quarto, anche se poi il fatto che un buzzer-beater vada dentro o meno scrive la storia, chiedete al CSKA se si ricordano di Printezis. Ci ricorda con forza che il basket è uno sport molto facile da amare, ma che non tutto in questo mondo e rose e fiori, anzi.  Che talentuosi ci si nasce, ma che se il talento non si affina col lavoro non si va da nessuna parte, presto o tardi il gioco ti sgama.  Che le discussioni tra chi sia più forte tra giocatori di epoche diverse lasciano il tempo che trovano, perché il basket cambia spesso pelle, si evolve continuamente. Che un coach può essere il più vincente di un'epoca solo se riesce a farsi seguire ciecamente dagli atleti che ha a disposizione. In poche parole, che il basket sarà sempre bello perché non smetterà mai di sorprenderci, per quanto gli studi statistici e le pianificazioni a tavolino possano essere strumenti utilissimi.  Infine, è un libro che contiene anche qualche perla notevole, come [SPOILER, ma neanche troppo] le domande rivolte a Meneghin e McAdoo, o le avventure e disavventure degli anni in cui si doveva fare informazione sul basket senza poter usufruire di quella risorsa inestimabile che è internet.  Quando l'Atlantico era un Oceano vero, e non una "pozza", come si ama definirlo oggi.  Uno spirito pionieristico che nella mia breve esperienza da telecronista di B1 femminile ho in parte vissuto anch'io, ma che raccontato da uno così tanto più bravo di me ha tutto un altro fascino.  Se vi fidate di me, immergetevi nelle pagine di questo libro, dunque, e alla fine di questa lettura - ne sono sicuro - amerete il basket più di prima.

(Flavio Tranquillo - Altro tiro altro giro altro regalo. Baldini & Castoldi, 2014)

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